MANTOVA «Eravamo arrivati al locale insieme in auto, salvo poi perderla di vista praticamente per tutto il corso della serata al punto da doverla andare a cercare al momento di andarcene. Una volta rintracciata siamo così ripartiti; nel viaggio di ritorno ci era apparsa normale, in condizioni che non lasciavano adito al benché minimo sentore di malessere. Non sappiamo cosa abbia effettivamente fatto o chi abbia incontrato durante quelle ore perché al nostro tavolo è sempre stata assente». Questo segnatamente quanto riferito ieri in aula a Reggio Emilia da un paio di amici di Nunzia Colurciello, la 24enne napoletana stroncata da un’overdose all’alba del 20 ottobre 2018 dopo una notte in discoteca e per il cui decesso è ora chiamata a difendesi dall’ipotesi di morte come conseguenza di altro reato, nella circostanza rappresentato dalla cessione di sostanze stupefacenti, una 49enne di Guastalla.
Entrambi i testi infatti, escussi innanzi al giudice monocratico Michela Caputo, hanno dichiarato di essere stati quella sera in compagnia dell’imputata – difesa dall’avvocato Alessio Barboni – per tutto il tempo e di non sapere se Nunzia, in loro assenza, avesse fatto uso di droghe. Secondo quanto ricostruito dalle indagini però, nonché appurato all’esito dell’autopsia, la giovane, stabilitasi a Mantova qualche mese prima della sua tragica scomparsa e che lavorava come barista a Pietole, aveva assunto un mix rivelatosi poi letale di cocaina, ketamina e Mdma. Sempre stando agli accertamenti la 24enne aveva trascorso quella notte nella discoteca “Tube Club” di Modena, dove tra gli altri del gruppo era arrivata insieme a due mantovani, entrambi già usciti dal procedimento a seguito di patteggiamento. Sarebbero stati loro a portarla da uno spacciatore che le avrebbe venduto della cocaina mentre la 49enne le avrebbe fornito dosi di Mdma, con la vittima collassasse in preda a convulsioni proprio a casa di quest’amica. E a tal proposito, sempre in sede testimoniale, è stato audito il medico legale incaricato al tempo dei eseguire l’esame autoptico il quale a precisa domanda, circa le possibilità di salvare la ragazza stante le tempistiche dei soccorsi, ha riferito: «A fronte di una crisi, epilettica e respiratoria, così repentina difficilmente, ad ogni modo, la vittima si sarebbe potuta salvare considerando altresì il brevissimo lasso temporale intercorso – 2-3 minuti – dall’arrivo dell’ambulanza dal vicino ospedale di Guastalla». Ulteriore teste di giornata anche la coinquilina mantovana della 24enne, ultima persona non del gruppo di quella sera a sentirla ancora viva: «Ci siamo tenute in contatto telefonicamente fino a quando, attorno alle 4 del mattino, il telefono di Nunzia si è scaricato. Il giorno dopo mi hanno chiamata per il riconoscimento del cadavere. In mia presenza, nell’appartamento che dividevamo, non ha mai fatto uso di droghe». Prossima udienza a febbraio.