MANTOVA 2Ventiquattro anni di reclusione. Questo quanto avanzato ieri, dopo circa tre ore di requisitoria, dal pubblico ministero di Brescia Federica Ceschi nei confronti di Carlo Mosca, il medico mantovano ex primario del pronto soccorso dell’ospedale di Montichiari, a processo, innanzi alla Corte d’Assise, con l’accusa di omicidio volontario plurimo per la morte di tre pazienti (Natale Bassi, 61enne di Ghedi, An – gelo Paletti, 79enne di Calvisano, e ad Ernesto Nicolosi, 87enne di Carpenedolo), durante la prima ondata Covid, ai quali secondo l’ipotesi accusatoria avrebbe somministrato Propofol e Succinilcolina, «farmaci incompatibili con la vita» e che andrebbero utilizzati prima dell’intubazione di un paziente. Che nei casi al centro della vicenda giudiziaria non è mai stata eseguita. Il medico è agli arresti domiciliari dal 25 gennaio 2021; in precedenza aveva lavorato tre anni all’ospe – dale Carlo Poma di Mantova. «È vero che nessuno ha visto Mosca somministrare i farmaci ma l’intercettazione ambientale del 2 luglio 2020 quando a chi gli chiede “ma hai usato quei fa r m a c i ? ”Mosca risponde: “Eh sì”, è stata ritenuta un’ammis – sione. Ed è alla base, insieme alla presenza del Propofol nel corpo di uno dei cadaveri riesumati, della richiesta d’arre – sto» ha detto in aula il pm. A denunciare il caso era stato un infermiere. «È ingiusto esporre chi ha denunciato e che ha avuto il coraggio di rivelare quello che aveva saputo. Ora si vuole far credere che abbia parlato per un complotto nei confronti del suo primario. Durante il processo abbiamo assistito alla difficoltà di alcuni testi a riferire in aula di fatti che davanti al pm in fase di indagine erano stati raccontati in modo diverso e chiaro. E quei verbali sono stati firmati dagli stessi» ha aggiunto il pm. Nel corso del processo l’imputato, spiegando la presenza nel corpo di una vittima del farmaco Propofol, disse: «Io non l’ho messo. Qualcuno ha voluto farmi del male e può averlo iniettato a paziente già morto». Per la pubblica accusa: «Si tratta di una spiegazione fantasiosa. È un’assurdità. E chi lo avrebbe fatto? E perché uno avrebbe dovuto uccidere un povero paziente? L’unico che ha avuto lo spazio e il tempo per iniettare il Propofol è stato Mosca. Si vuole pensare che chi ha presentato l’esposto sia l’au – tore di questa macchinazione? In quel periodo, marzo 2020, il peggiore della pandemia, non è immaginabile che qualcuno potesse pensare a un piano per incastrare il primario». La difesa del dottor Mosca ha chiesto invece l’assoluzione per il medico: «Siamo davanti ad una serie di prove costruite. A partire dalla chat tra gli infermieri che si scambiano una foto con fiale di farmaci gettate in un cestino ha detto in arringa l’av – vocato Elena Frigo, codifensore dell’imputato unitamente al collega Michele Bontempi. «Due infermieri lo accusano ma in aula si contraddicono, mentre un intero reparto sta dalla parte di Mosca e non crede alle maldicenze diffuse dai due infermieri. Non sappiamo che cosa abbia spinto le due persone a dire quelle cose. Ma riteniamo che l’ipotesi accusatoria sia fantascientifica» ha proseguito il legale. «Non ha mai pensato di uccidere pazienti per liberare posti, ma al contrario di salvarli e allo stesso tempo di creare nuovi posti»