Ndrangheta, Grimilde processo d’appello. Stangato il fratello del boss. Pene ridotte per i mantovani

MANTOVA Tre inasprimenti di pena, quattro riduzioni, mentre per tutti gli altri ricorrenti confermate le sentenze di primo grado. Questo quanto stabilito ieri dalla Corte d’Appello di Bologna nei confronti degli undici imputati del processo di ‘ndrangheta “Grimilde” instaurato con rito ordinario e già condannati a fine 2022 dal tribunale di Reggio Emilia. Un verdetto che nel complesso ha visto suffragare l’impianto accusatorio della Dda, così come l’aggravante del metodo mafioso, rimodulata per determinati reati e precipue posizioni. Passando alle singole impugnazioni quella che ha subito il maggior aggravamento rispetto alla prima istanza è stata quella di Francesco Grande Aracri, fratello dell’ex boss di Cutro Nicolino e ritenuto dalla pubblica accusa il “simbolo della ‘ndrangheta in Emilia”: per lui la pena è passata da 19 anni e 6 mesi a 24 anni. Suo figlio minore Paolo invece ha visto ridursi la pena da 12 anni e 2 mesi a 9 anni. Ricorsi rigettati al contrario per Gaetano e Domenico Oppido, padre e figlio, che avevano ordito una maxi truffa da 2,3 milioni al ministero delle Infrastrutture e condannati in primo grado rispettivamente a 6 anni e 4 mesi e 3 anni e 8 mesi. Per quanto concerne invece i tre imputati mantovani, tutti residenti a Viadana, sconto di pena di un paio di mesi nei confronti di Giuseppe Passafaro condannato quindi a un anno e due mesi e 300 euro di multa con sospensione condizionale della pena; stessa identica decisione anche per uno dei due figli, Francesco Paolo mentre nei confronti di Pietro avvalorati i 2 anni sempre con pena sospesa. Nei confronti dei tre già i giudici reggiani avevano escluso l’aggravante dell’agevolazione mafiosa. Confermati altresì i risarcimenti alle tante parti civili.