Siamo verso la conclusione della guerra in Ucraina? La situazione è in evoluzione, ogni ipotesi è un azzardo. Ma ad oggi un paio di cose possiamo dirle. La prima è che l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia di Putin ha provocato il netto ricompattamento dei principali Paesi dell’Europa Occidentale compresa l’Inghilterra anche se “brexit”. La seconda è che l’Europa si è accorta che manca di una difesa. Dopo decenni di “sfruttamento” dello scudo difensivo americano oggi l’Europa, sempre rimanendo alleata degli Stati Uniti, ha bisogno per essere grande potenza di una sua difesa dettata da un esercito comune. Compattare i 27 eserciti, più o meno preparati e ognuno con la propria visione strategica, non permetterebbe il superamento dell’individualismo militare per una difesa comune. Non sarebbe sufficiente l’uso di grandi quantità di denaro, che riguarderebbero solo la politica del giorno per giorno, e non sarebbe di supporto ad un grande disegno strategico di medio e lungo termine. Perché finora abbiamo messo solo le nostre identità politiche una accanto all’altra, senza amalgamarle davvero, prive di una politica unitaria che superasse le autonomie politiche dei 27 Paesi dell’Unione. A supplire non sarà la via del riarmo dei singoli Stati, per cui la proposta della presidente Ursula Von der Leyen non risponde all’esigenza di uno strumento europeo, e finirà solo parlando di riarmo di suscitare paura nella gente. Purtroppo tre anni di guerra sul territorio europeo e la decisione degli americani che l’Europa si deve difendere da sola, hanno fatto arrivare i nodi al pettine di un’Europa incompiuta. Il cui sviluppo è stato interrotto dalla bocciatura delle Comunità europea di difesa nella metà del secolo scorso, infossando sia il federalismo che l’esercito comune di difesa. Allora Il presidente del Consiglio italiano Alcide De Gasperi, uomo di frontiera e cattolico, come del resto il lorenese Robert Schuman e il renano Konrad Adenauer, gli altri due padri dell’Europa, era convinto che i popoli europei avessero un comune patrimonio di valori spirituali, retaggio della medesima origine cristiana. Da tale constatazione si passò all’idea di una concreta unione politica dei Paesi d’Europa. De Gasperi prese, anche, contatto con il Movimento federalista europeo di Altiero Spinelli, che lo indusse ad accettare senza riserve la soluzione federale. Nel 1949 nasce il Consiglio d’Europa. Ma è la guerra di Corea ad accelerare i tempi e a convincere anche i meno entusiasti. Di fronte al problema della difesa dell’Europa occidentale da un paventato attacco sovietico, si comincia a parlare di riarmo tedesco. La Francia, preoccupata per questa ipotesi, lancia la proposta del piano Pleven, così chiamato dal nome del presidente del consiglio francese, per la costituzione di un esercito integrato europeo, dipendente da un ministro della difesa comune, responsabile di fronte ai governi in una assemblea politica comune. Si comincia dalla Comunità europea di difesa (Ced). De Gasperi scrive l’articolo 38 del progetto prevedendo che l’Assemblea della Ced agisca come una sorta di costituente europea, col compito di elaborare una organica proposta in senso federale: l’Europa politica. La Ced è approvata. La convalida passa al voto dei Parlamenti, ma non l’approvano per paura del riarmo tedesco. Il processo di integrazione europea si interrompe. La vita dell’Unione prosegue con l’Europa economica (moneta unica) e la difesa occidentale in mano essenzialmente agli americani. Oggi il diktat di Trump “difendetevi da soli” scuote i vertici europei che si trovano impreparati ad affrontare da soli la difesa del Continente. Sfortuna vuole di trovarci proprio davanti ad un “ricorso” storico, allora la guerra di Corea, ora quella dell’Ucraina con lo stesso nemico, allora la Russia di Stalin oggi la Russia di Putin. Più che affidarci alla spesa di ottocento miliardi di euro per rinforzare non si sa chi o che cosa, serve il coraggio di ripartire dal punto in cui si è interrotta la Ced e percorrere la strada, più che mai attuale, tracciata da De Gasperi che porterà al federalismo e ad una difesa comune.
GASTONE SAVIO