Separazione carriere, protesta dei magistrati anche a Brescia. Favorevoli invece gli avvocati

MANTOVA/BRESCIA Coccarda tricolore appuntata alla toga e Carta Costituzionale in mano hanno abbandonato l’aula in segno di dissenso. Anche a palazzo di giustizia di Brescia, dove ieri mattina si è tenuta l’inaugurazione dell’anno giudiziario, così come nella altre 25 sedi di Corte d’Appello d’Italia, è andata in scena la protesta dei magistrati contro la separazione delle carriere. Non si è trattato quindi solo della consueta giornata atta a tracciare il bilancio dello stato della giustizia nel distretto di Brescia, che comprende anche le provincie di Mantova, Bergamo e Cremona: durante gli interventi circa una sessantina di magistrati, tra cui quelli virgiliani, hanno abbandonato simbolicamente l’aula in segno di protesta contro la riforma del ministro Carlo Nordio che il governo Meloni sta portando avanti e che prevede la separazione delle carriere. Un’ipotesi che secondo i togati “mette a rischio l’autonomia e l’indipendenza della magistratura”.
«Con profondo smarrimento e indignazione – ha dichiarato Davide Scaffidi, presidente dell’Anm sezione di Brescia – abbiamo lasciato la cerimonia prima di quanto previsto perché Claudia Eccher, rappresentante del Csm, ha portato in questa aula la propria posizione di appoggio alla riforma, anziché quella ufficiale del Csm, di censura dei provvedimenti governativi». Anche la neo presidente della Corte d’Appello di Brescia, Giovanna De Rosa, nella sua relazione, ha speso alcune parole a difesa della magistratura e contro i rischi insiti in una riforma che prevede la separazione delle carriere: «Indipendenza e imparzialità della magistratura dovrebbero essere i principi ispiratori di qualsiasi riforma – ha detto auspicando un dialogo costruttivo tra le Istituzioni – ma con questi provvedimenti l’assoggettamento del pubblico ministero al potere esecutivo è il rischio maggiore». Così pure il procuratore generale, Guido Rispoli, che ha speso tutto il suo intervento non per trattare dello stato della giustizia, per cui ha rimandato alla relazione scritta, ma per affrontare una sua preoccupazione in merito a questa riforma: l’intenzione, cioè, del governo di voler trasferire le indagini preliminari, finora di competenza del pubblico ministero, direttamente nelle mani della polizia giudiziaria. «Al netto della grande professionalità delle forze dell’ordine – ha detto Rispoli – che hanno tutte le capacità tecniche per portare avanti un’indagine, queste rispondono però a diversi ministeri. Il rischio è che la polizia giudiziaria non sia in posizione di indipendenza rispetto all’esecutivo».

Favorevoli alla riforma si sono invece schierati gli avvocati penalisti i quali ritengono che “l’introduzione del giusto processo nella Carta Costituzionale imponga la separazione delle carriere, proprio per garantire la terzietà del giudice rispetto al pubblico ministero e all’avvocato”.