MANTOVA «Quattro anni e quattro mesi per avere finalmente giustizia». Poche parole, ma sofferte, quelle che Nicola Sodano si concede per commentare la notizia trasmessagli ieri mattina dal suo legale Sergio Genovesi: il procuratore capo di Roma ha rinunciato a ricorrere sulla sentenza del 15 febbraio scorso con la quale il Gip aveva decretato il non luogo a procedere verso l’ex sindaco perché il fatto non sussiste.
Possiamo dunque parlare di una pietra tombale su una tormentata vicenda, che in relazione al piano attuativo “Lagocastello” aveva procurato accuse pesantissime all’amministratore: dalla corruzione, alla corruzione in atti giudiziari, dall’associazione a delinquere al peculato, per finire nell’abuso di ufficio. Un pentolone di accuse scoperchiato il 28 gennaio 2015, a pochi mesi da quelle elezioni cui Sodano aveva dovuto rinunciare di candidarsi, e nel quale galleggiava soprattutto la pesantissima accusa di collusione malavitosa con la ’ndrangheta.
Già nel gennaio 2016 tuttavia la corte d’assise di Brescia stralciava Sodano da ogni sospetto di implicazione mafiosa (sentenza confermata poi in Cassazione nel maggio 2017). Rimaneva in piedi il castello accusatorio sull’operazione urbanistica della società di Antonio Muto per il mai nato quartiere in riva al lago. Questo almeno sino al febbraio scorso, quando ogni accusa è stata ritenuta insussistente quanto il fatto stesso.
A quel punto poteva pur sempre proseguire l’iter giudiziario con un ricorso del pm, trascorsi i 30 giorni dal deposito della sentenza; ma il pm non ha eccepito. Né lo ha fatto il procuratore generale, che ieri ha firmato la definitiva e irrevocabile validità della sentenza del 15 febbraio.
Per Sodano è la fine di un incubo durato quasi quattro anni e mezzo, e che al momento gli lascia come strascico solo la vicenda Laratta, ossia l’accusa di corruzione per la quale si sono consumati già due gradi di giudizio: il primo con non luogo a procedere perché il fatto non sussiste, e quello d’appello che ha invece ribaltato la sentenza infliggendo 12 mesi con non menzione e pena sospesa. Per questo esito Sodano ha deciso il ricorso in Cassazione, posto però che lo stesso processo non debba scadere prima in prescrizione per sopraggiunti termini di tempo.
Sodano, tutto risolto: la sentenza di assoluzione è irrevocabile
Il procuratore capo di Roma non ricorre al non luogo a procedere