MANTOVA Attesa dal suo pubblico, Fiorella Mannoia torna a Mantova per entrare martedì sera a Palazzo Te.
Fiorella Mannoia è ormai una habitué di Mantova. C’è qualcosa che ti lega alla nostra città?
“Se penso a Mantova, inevitabilmente mi viene in mente il Duca nel Rigoletto e mio padre. Era un appassionato di Opera e mi ha fatto conoscere tutte le storie, mi cantava le arie ed esibirmi in questa città è sempre un’emozione proprio perché penso a lui”.
Quanto e in cosa ci guadagna il tuo repertorio proposto in chiave sinfonica?
“La prerogativa di questa tournée è il fatto che tutti gli arrangiamenti siano stati cambiati in funzione dell’orchestra, non è stata una semplice aggiunta. Le canzoni hanno così assunto una veste completamente diversa, nuova, sono quasi irriconoscibili, ma sono tutte molto belle e arrivano più profondamente al cuore. È stata una scommessa: le persone rimangono sempre affezionate alla versione originale delle canzoni, invece sono piaciute e a gentile richiesta siamo passati dalle arene estive ai teatri e a replicare quest’anno”.
Hai condotto svariati tour sperimentando suoni, colori e chiavi di lettura ogni volta diversi… Qual è la prossima sfida che vorresti affrontare?
“Io credo che sia fondamentale cambiare, non rimanere uguali a sé stessi considerando che il mondo e la musica attorno prendono altre strade. Io ho sperimentato, mi sono trasformata, ho cambiato il linguaggio e il modo di comunicare la mia musica. Non so cosa mi aspetta nel futuro, ora ho due importanti appuntamenti a Napoli, la serata in ricordo di Pino Daniele e l’evento Una Nessuna Centomila, poi si vedrà”.
Nelle tue scalette non trovano mai spazio i brani degli anni 70 e nemmeno quelli di metà anni 80 (periodo Lavezzi, a parte Come si cambia): sono periodi che rinneghi?
“La scelta dei brani in scaletta non è mai facile, ma credo che il nostro compito, da artisti, sia quello di poter usare la musica e la sua potenza comunicativa per lanciare dei messaggi, nel mio caso di speranza e delle volte di dissenso se c’è qualcosa che non mi piace. Nei miei concerti parlo e porto non solo i grandi successi del mio repertorio, ma anche brani meno recenti che possono però indurre un pensiero o un dubbio e che vorrei far conoscere soprattutto ai più giovani, veri capolavori che sono stati scritti da artisti che hanno letto e assorbito quelle parole lì”.
Hai collaborato con i più grandi autori e cantautori italiani: chi manca alla lista?
“Mi sento molto fortunata perché ho passato oltre 50 anni della mia vita tra palchi e studi di registrazione, ho collaborato con grandi artisti, colleghi che poi sono diventati anche miei amici. Nel mio spettacolo, Semplicemente Fiorella, per esempio oltre ai grandi della musica italiana, mi confronto anche con nuove promesse e giovani cantanti. Sicuramente però mi sarebbe piaciuto collaborare con Fabrizio De André, perché con la sua musica ha cambiato la mia vita, il mio modo di pensare e di essere. Mi ha insegnato tantissimo, però purtroppo non c’è stato il tempo di fare qualcosa insieme”.









































