Bigolada: cucinati 12,60 quintali di “bìgoi” e “sardèle”

Niente scalfisce la tradizione

CASTEL D’ARIO Si va sempre più affermando il concetto che anche la cucina e soprattutto la gastronomia sono cultura, con tutto il loro bagaglio di storia, di tradizione, di forte incisività sulla struttura sociale. Astrazione che sembra descrivere alla perfezione tutto ciò che è la Bigolada di Castel d’Ario. Diversamente non si comprenderebbe il successo e i record che questa manifestazione gastronomica ultrasecolare – la 171esima per gli amanti dei numeri – continua a macinare ogni anno al Mercoledì delle Ceneri. La conferma si è avuta anche ieri, quando già verso le 11 piazza Garibaldi ha cominciato a pullulare di gente. Troppo alta la tentazione di gustarsi un piatto fumante di “bìgoi” e “sardèle” sapientemente cucinato dai cuochi della Pro Loco, con persone di ogni età disposte a pazientare incastonate in lunghe colonne umane in attesa della sana abbuffata. Ad ogni razione di bigoli viene donata anche una confezione di pasta offerta dal pastificio del posto “Le Mantovanelle”. Nondimeno apprezzato è il contesto: il recinto dove lo staff della Pro Loco circonda gli enormi paioli, intento a condire gli invitanti spaghettoni. Ogni scolatura è accompagnata da musiche importanti, sparate a tutto volume dagli altoparlanti. Qualcuno in fila azzarda passi di danza, altri controllano l’orologio. La fame inizia a farsi sentire. Cominciano ad arrivare anche le autorità. Il presidente della Pro Loco  Paolo Soave  e il sindaco  Daniela Castro  fanno gli onori di casa. Nel loro sguardo c’è l’orgoglio e il vanto di rappresentare una tradizione che ha le carte in regola per ergersi ai piani alti delle più prestigiose manifestazioni popolari lombarde. Lo sanno anche a Rai 1, che manda una troupe della trasmissione “La vita in diretta” per documentare cosa succede da queste parti il primo giorno di Quaresima. «La Bigolada è una kermesse unica e rappresenta una fonte di notevole attrattività per migliaia di visitatori – sottolinea Soave -. Sono proprio loro a renderla un successo, esaltando un turismo culinario che in Lombardia sta diventando sempre più importante». Per capire che gastronomia e turismo sono un binomio vincente basta guardarsi intorno: da una parte le cucine da campo, le fornelle a legna e i paioli di rame maneggiati dai volontari della Pro Loco; dall’altra il palco con l’animazione de “I tre Amigos” di Radio Pico sormontato da 18 metri quadrati di maxischermo che per tutta la giornata proietta le foto più emblematiche per raccontare le edizioni passate della Bigolada. Arriva il momento che vede protagonisti i bambini delle elementari: dalle loro mani si liberano decine di palloncini colorati con attaccate le cartoline da loro disegnate. Chi li ritroverà può mettersi in contatto con la Pro Loco per ricevere un coupon omaggio per cenare alla prossima festa del riso alla pilota in programma a maggio. La gente, intanto, osserva con attenzione le bancarelle, anche se la crisi continua a farsi sentire e gli affari sono pochini. Gli “extramuros” Giorgio Lavezzi e Katia Crugliano conquistano il titolo di Re Bigolo e Regina Sardella al termine di una sfida mangereccia degna di man vs food. Anche noi torniamo nel recinto “magico”. Suona nuovamente la campanella: è pronto un altro paiolo, l’ultimo, giusto in tempo per soddisfare i palati degli ultimi buongustai. Le stime ufficiali fornite da un esausto Soave dopo un rapido consulto col suo predecessore Gianpaolo Turazza e con il vice Riccardo Fontanesi dicono che sono stati cucinati 12,60 quintali di bigoi (alle 14 erano 7,5). Non un record ma quasi. Un’onta per gli adepti della globalizzazione che cerca di allargare i suoi tentacoli anche nel campo agroalimentare e della gastronomia. Tempo fa l’Accademia Italiana della Cucina aveva elaborato un documento nel quale evidenziava la necessità di una stretta difesa della tipicità dei nostri prodotti e della peculiarità delle nostre preparazioni gastronomiche, non nascondendo la propria preoccupazione per i rischi di una globalizzazione spietata nel divorare le identità locali. La Bigolada di Castel d’Ario è la miglior risposta. Sarebbe d’accordo anche Giosuè Carducci – che da queste parti c’era veramente stato in virtù dell’amicizia con il vicesindaco casteldariese Luigi Boldrini – uno che metteva l’amore per la patria, la natura, il bello e le tradizioni al di sopra di tutto.

Matteo Vincenzi