MANTOVA Mi hanno detto che siete 2500 persone; vuol dire che c’è qualcosa che non va!”. Esordisce così, Paolo Crepet, con un’ ironia che fa il paio con la scritta sulla sua T-shirt “The last Poets”.
L’ Esedra di Palazzo Te è davvero gremita per l’incontro con il notissimo psichiatra, sociologo e saggista del panorama italiano. “Mordere il cielo”, suo ultimo libro uscito a giugno per Mondadori, dà il titolo anche al ciclo di convegni che il professore porterà in giro per l’Italia almeno fino a primavera del prossimo anno. Di questi tempi riuscire ad affrontare certe tematiche e problemi così pesanti, che la cronaca non tarda a proporci a volte in modo drammatico, diventa sempre più necessario, e poterlo fare con l’aiuto di una guida esperta, sensibile e attenta diventa un’occasione che non possiamo permetterci di mancare. “Io sono cresciuto per vie laterali, mai per vie maestre: come la vita, che è fatta di piccole cose che poi tanto piccole non sono”. “La vita non è confortevole -continua il professore – motivo per cui mi irrito quando sento parlare di comfort zone”. Quando la nonna si raccomandava che mettesse la testa a posto, lui si chiedeva sempre dove fosse il posto di questa testa perché a volte se la ritrovava in posti davvero strani: da giovane ormoni ed emotività avevano la meglio sulla ragione. Ebbene, “Dove sono finite le emozioni?” recita il sottotitolo del libro, e questo rappresenta anche il fil rouge da cui questo ciclo di incontri è tenuto insieme. Crepet sostiene che oramai viviamo nell’epoca della negazione e della paura e, se la prima ci condanna all’indifferenza, la seconda ci paralizza proprio, relegandoci tutti, giovani e meno giovani, in uno stato di indifferenza e insensibilità destinato a farci sentire sempre più soli. Ecco perchè il professor Crepet ci invita ad arrabbiarci, ad indignarci, così come lo è lui, a “mordere” il cielo, e la vita più in generale, per uscire da questa stasi malsana e ammorbante, scrollandoci finalmente di dosso quel “politically correct” che ci impedisce di fare i conti con la nostra vera essenza. Impossibile non pensare alla strage della famiglia di Paderno Dugnano, perpetrata da un figlio di soli 17 anni.
Il professor Crepet ritiene che con la smania di volerli proteggere da qualsiasi cosa, i nostri ragazzi sono condannati ad un vuoto emotivo perenne, ad un cinismo affettivo profondo, che non permette loro di crescere se non come esseri estremamente fragili e spaesati. Le emozioni vanno invece insegnate e coltivate, altroché intelligenza artificiale, sennò si rischia di approdare ad un’anestesia dell’anima che produce solo cyborg, umanoidi senza un briciolo di empatia, al massimo interessati al proprio benessere materiale, su una china di imbarbarimento pericolosissimo. Impariamo e insegniamo ai giovani il potere dell’errore, dell’ “inciampo”, da cui nasce prima frustrazione e poi rinascita, certi che solo ribellandoci ad una vita piatta e entro i canoni spesso imposti da altri, riusciremo a ghermire il senso della nostra esistenza in quanto uomini. Ben venga la fatica di sperimentare “convulsioni di passioni e sogni impervi, voltando le spalle alla seduzione nei confronti del comodo e del facile. Non basta essere giovani per avere un futuro, bisogna costruirlo al di là delle parole che abbiamo censurato. Mordiamo il cielo, dunque, altrimenti ci estingueremo; questa è la cura.”