MANTOVA «Riceviamo più stima dagli avversari che da noi stessi». È uno dei passaggi chiave della conferenza stampa post-Sassuolo di Davide Possanzini. Che sia questa una delle spiegazioni più plausibili, se non la più plausibile, all’origine della crisi di risultati che sta colpendo il Mantova? Dall’1-0 al Cittadella del 22 settembre, la curva è precipitata: 6 partite, 3 punti raccolti sui 18 disponibili, zero vittorie, appena 4 gol segnati ma nemmeno uno nelle ultime tre gare, la discesa nella parte destra della classifica in zona play out. E tanti applausi. Magari non nelle partite con Cesena e Carrarese, ma in quelle con Brescia, Sampdoria, Palermo e Sassuolo, ovvero quattro cosiddette big del girone. Il Mantova gioca bene, il Mantova si guadagna la stima degli avversari che per esso prevedono un futuro luminoso (Fabio Grosso l’ultimo della lista: «L’Acm – ha detto – farà un buon campionato»). Ma, quando si tratta di passare alla cassa, riscuote miseria.
Assodato che il problema principale dei biancorossi è la difficoltà a segnare, la domanda da un milione di dollari è la seguente: il deficit è tecnico o mentale? Basterà ingaggiare un attaccante di grido, o cambiare qualcosa tatticamente, per risolvere il problema? Oppure è “semplicemente” una questione di autostima e fiducia da ritrovare in se stessi e nelle proprie potenzialità? Possanzini ha optato per quest’ultima spiegazione, o perlomeno così ha dichiarato pubblicamente.
La verità probabilmente sta nel mezzo. Come abbiamo osservato anche la scorsa settimana, nel parco attaccanti del Mantova figurano debuttanti in Serie B (Galuppini, Ruocco, Bragantini, Debenedetti, Fiori) e gente che col gol non ha mai avuto grande confidenza (Mensah). L’unica eccezione è Mancuso, che in B ci gioca da anni ed ha fatto pure sfracelli (una settantina di gol tra il 2017 e il 2021), ma che da qualche stagione fatica a ripetersi. Quindi è vero che il Mantova sta pagando dazio all’inesperienza e alla qualità inevitabilmente superiore della Serie B rispetto alla C. Si tratta di capire se questi limiti sono risolvibili mantenendo inalterato il gruppo oppure se sia necessario ricorrere a qualche rinforzo nel mercato di gennaio. Per capirlo ci sono ancora due mesi di tempo, durante i quali Possanzini proverà a toccare altre corde, legate come dicevamo all’autostima e alla fiducia in se stessi, per infondere maggiore coraggio, intraprendenza, cattiveria e lucidità sottoporta. Magari mettendo gli attaccanti nelle condizioni di esprimere meglio il proprio potenziale, che in questo momento fatica ad emergere. Da calciatore, il tecnico biancorosso è stato un feroce killer d’area in Serie B. Come ogni attaccante, però, anche lui ha vissuto momenti bui, da cui ha saputo riprendersi. In altre parole: sa come si fa. Ed è anche attingendo alla sua esperienza che può trovare i consigli giusti da trasmettere ai suoi ragazzi.
All’orizzonte c’è il derby con la Cremonese, una delle partite più attese dai tifosi virgiliani. Un segnale di svolta è auspicabile, per non dire necessario.