MANTOVA Tre anni di Mantova, uno più turbolento dell’altro. «È vero – sorride Gianluca Garzon, viceallenatore dei biancorossi, il protagonista della nostra chiacchierata – . Nel primo (stagione 2016-2017) ero il secondo di Graziani: salvezza all’ultima giornata e fallimento della società. Nel secondo (2019-20), campionato interrotto a metà per Covid. Infine questo, che definire “anomalo” è riduttivo».
Appunto, che annata è stata quella che si è appena conclusa?
«Difficile. Vissuta tra tramponi (ne avrò fatti più di 60) e spalti vuoti. L’assenza dei tifosi si è fatta sentire. Negli anni scorsi ho avuto modo di conoscere gli sportivi mantovani e sono convinto che, con loro a sostenerci, qualche punto in più al Martelli l’avremmo conquistato».
Queste variabili hanno influito sulla preparazione delle partite?
«No, lo escludo. I ragazzi sono tutti professionisti e si sono adeguati alla situazione».
Soddisfatti del risultato sportivo?
«Sì. Eravamo in un girone davvero tosto, ci siamo salvati in anticipo e, con la qualificazione ai play off, abbiamo messo la ciliegina sulla torta».
C’è spazio per qualche rimpianto?
«Beh, è chiaro che più vai avanti e più ti ingolosisci. Ma penso che dovremmo ritenerci soddisfatti del percorso compiuto».
Come si è sviluppato il lavoro dello staff tecnico?
«Abbiamo creato un bel rapporto di empatia, tra tutte le componenti. È stato compiuto un lavoro minuzioso di preparazione e analisi, sia delle partite che degli allenamenti».
Qual è stato il momento più bello della stagione?
«A livello personale rispondo: la prima partita di campionato. Il Mantova ritornava dove l’avevo lasciato tre anni fa: nei professionisti, dove merita di stare. Ma ricordo tanti altri bei momenti».
Per esempio?
«I derby con Carpi e Modena, al di là del risultato: partite che la presenza del pubblico avrebbe reso esaltanti. E, a proposito di gare esaltanti, come dimenticare la vittoria col Perugia».
E il momento più difficile?
«All’inizio del girone di ritorno, quando abbiamo perso qualche punto. Ma poi ne siamo usciti».
Le è pesato tornare a fare l’allenatore in seconda, dopo la breve esperienza da “primo” nel febbraio 2020?
«No, per niente. Per me il solo sedermi sulla panchina del Mantova è un’emozione particolare. Che sia da primo o da secondo allenatore è un dettaglio».
Resterà anche l’anno prossimo?
«Mi piacerebbe, ma è un discorso che va affrontato con la società e di cui parleremo a tempo debito. Intanto ne approfitto per ringraziare Setti, Masiello e Pecchini per la fiducia che hanno riposto in me e l’opportunità che mi hanno dato».
Però un quarto anno in biancorosso, finalmente normale, ci può stare…
«Per “normale” intendete una stagione senza fallimenti o pandemie, con il pubblico sugli spalti? Beh, se è così, non vedo l’ora!».