CASTEL D’ARIO – «Gli abbiamo gridato: “Matteo salta giù, svelto”. Ma lui non ha fatto in tempo». È proseguito ieri con le deposizioni dei testimoni dell’accusa, il processo per la morte di Matteo Pedrazzoli, il 14enne di Castel d’Ario travolto e ucciso il 10 agosto 2018 dal crollo di una panchina girevole di otto quintali installata nel parco giochi di piazza Castello. A parlare gli amici che erano con la vittima che hanno confermato la dinamica della tragedia. Sotto accusa per omicidio colposo sono Elena Bellini, architetto progettista della struttura, Marzio Furini, responsabile dell’ufficio tecnico del Comune di Castel d’Ario, Luca Bronzini, di Rovereto (Trento), titolare dell’omonimo laboratorio specializzato in attività di restauro che si era aggiudicato l’appalto per la riqualificazione dell’intera area verde e i due installatori, i fratelli Loris e Cristian Manfredi, contitolari della Car-Mec, azienda di carpenteria metallica con sede nella stessa località trentina. Nel processo è finito anche il Comune di Castel d’Ario come responsabile civile, mentre erano già cadute le accuse all’allora sindaco Daniela Castro, inizialmente iscritta nel registro degli indagati. Inoltre, in apertura di udienza preliminare, c’era stata inoltre la costituzione parte civile con l’avvocato Maria Grazia Galeotti dei familiari dello sfortunato ragazzino, il padre Gianfranco Pedrazzoli, la madre Alessandra Ferrarese, il fratello Gianluca, tre zii e un nonno. Secondo quanto emerso da una perizia sul manufatto disposta dal Pm Silvia Bertuzzi, titolare delle indagini, ci sarebbe stato un errore di calcolo sul perno, risultato troppo esile per sostenere il peso dell’intero manufatto. La sera della tragedia il parco giochi era affollato di ragazzi che si davano appuntamento sulle panchine girevoli. D’un tratto il perno su cui reggeva la struttura si era spezzato e il pesante manufatto era precipitato al suolo. Tutti i ragazzi si erano messi in salvo tranne Matteo. Gli amici avevano tentato disperatamente di sollevare la panchina senza riuscirci. C’erano volute 15 persone per liberare il 14enne, ma ormai era troppo tardi. Il processo prosegue il prossimo 20 febbraio.