SAN BENEDETTO PO Ho scoperto cos’era l’autostop un pomeriggio del 1954, mentre bevevo un’aranciata con un amico al bar La Buca. C’era questo ragazzo alto, biondo, che faceva questo gesto strano con il pollice». Il viaggio di Bruno Berzuini, 87 anni, decano dei maratoneti e dei marciatori, parte da quel pomeriggio d’estate di 70 anni fa. E tutti quei chilometri e tutti quei posti alla fine lo hanno riportato al suo paese, San Benedetto Po, e alla sua gente, cui ha dedicato un libro, Un ragazzo del 1937 – Sambenedettino senza frontiere, scritto in collaborazione con Vittorio Nigrelli (Lui Editore, le prime 300 copiestampre quasi esaurite in attesa della presentazione ufficiale il prossimo 15 settembre alla Casa di Ros a San Benedetto). Non un libro di memorie ma di memoria, come spiega Berzuini: «Sono andato diverse volte a delle presentazioni di libri scritti da persone che avevano fatto un viaggio da qualche parte e allora ho pensato che io di posti ne ho visti veramente tanti, e che anch’io avrei qualcosa da raccontare. Ho viaggiato nei 5 continenti, ho avuto la fortuna di poter vivere per lavorare anziché , lavorare per vivere». E così, complice il lockdown per il Covid, che ha costretto in casa anche un irriducibile podista giramondo, ecco l’idea di scrivere un libro in cui raccontare dei San Benedetto e dei sambenedettini che furono, che sono stati e che ora sono. In 250 pagine ci sono i viaggi in Italia e all’estero, i racconti delle persone, i nomi, le facce e i luoghi: com’erano e come sono diventati. La passione per lo sport e soprattutto per la vita. L’autostop, appunto, «un giuramento», dice. L’autostop per partire. A 17 anni con uno zaino in spalla e pochi soldi in tasca, a fare il giro dell’Italia. L’anno dopo sempre con l’autostop fino a Capo Nord. Un italiano in Norvegia, guardato anche un po’ male dagli scandinavi, che però si dovettero ricredere sulle dicerie degli italiani, quando Berzuini trovò per terra a Oslo un portafogli pieno di soldi e lo consegnò alla polizia, guadagnandosi anche le prime pagine dei quotidiani locali. Per finire in prima pagina da queste parti, invece, Bruno Berzuini ha dovuto cominciare a marciare: maratone di 42 chilometri ma anche gare fino a 180 chilometri, tutti d’un fiato. «Ho cominciato a correre quando c’è stata l’austerity – ricorda -. C’erano le domeniche a piedi, e allora ci si poteva allenare. Ma era già il 1973 – spiega -. Quando avevo 17-18 anni se mi mettevo a correre per le vie del paese o per le strade di campagna la gente mi guardava male. Peggio ancora se facevo marcia podistica, una disciplina vera e propria. Quei movimenti strani soprattutto gli anziani del paese non li capivano. Io li ho imparati in Olanda e ci ho fatto gare in tutto il mondo e non ho ancora finito». Berzuini, che attualmente gareggia nei Master 85, punta ad accedere ai Master 90; in fin dei conti gli mancano soltanto 3 anni.