MANTOVA Calunnia, oltraggio diffamazione violenza privata e danneggiamento. Con queste accuse un’intera famiglia di Monzambano era stata rinviata a giudizio due anni fa. Sul banco degli imputati Vittorio Provoli, la moglie Lidia Prà e i figli Giuseppe, Giovanni, Maria Teresa e Anna Maria. Parti lese l’ex sindaco di Monzambano Angiolina Bompieri, lo stesso ente locale morenico, e il luogotenente dei carabinieri Giovanni Vignola. Giuseppe e Giovanni devono rispondere di calunnia nei confronti del sottoufficiale dell’Arma. Il primo, con un esposto denuncia inviato al comando generale dell’Arma, al prefetto e al presidente della repubblica incolpò Vignola di abuso d’ufficio, omissione e percosse nei confronti della sorella Anna Maria. Giuseppe e Vittorio Provoli, in concorso tra loro, avrebbero invece pubblicamente diffamato l’ex sindaco Bompieri chiamandola “sindachessa venduta”. Dovranno anche rispondere, in concorso, di violenza privata per aver posizionato i loro mezzi agricoli in area demaniale impedendo il transito e di danneggiamento e distruzione di alberi sulla strada Ca’ Vecchia. E per questo si è schierato parte civile il Comune che unitamente all’ex sindaco e al maresciallo dei carabinieri ha chiesto un risarcimento complessivo di 150mila euro. Ieri davanti al giudice Enzo Rosina è proseguito il processo instaurato nei loro confronti con l’esame degli stessi imputati e l’escussione di altri testimoni della pubblica accusa, tra un brigadiere dell’Arma che in aula ha ricostruito proprio l’episodio del riposizionamento dei confini sul terreno di proprietà demaniale. In quella circostanza tre dei fratelli Provoli erano saliti sulla benna dell’escavatrice per poi incatenarsi. Motivo della protesta impedire il ripristino dei confini su quell’appezzamento. Da lì erano scattate le trattative che però non avevano portato alcun esito; alla fine i tecnici del Comune avevano chiesto l’intervento dei carabinieri, con i quali i tre avevano finito per ingaggiare un vero e proprio corpo a corpo.