MANTOVA Non c’era alcun accordo con i sindacati in merito alla decisione di adottare il tipo di ammortizzatore sociale. Dunque, quello siglato il 19 novembre fra l’amministratore delegato Giorgio Brandazza appena insediatosi e i sindacati non può essere definito “accordo”, sibbene sottoscrizione di incontro verbale, preliminare per intavolare nuovi successivi incontri; il tutto al fine di studiare quali agevolazioni fossero più idonee da applicarsi per gli annunciati 130 esuberi. A tale intesa sarebbe stato posto come limite di tempo per trattare la fine di gennaio 2020. Questa versione emerge ora dalla dirigenza della Corneliani, sia pure in forma non ufficiale di comunicazione, ma certo come segnale dato alle parti sociali destinato a suscitare suo malgrado un vespaio.
Proprio mentre fuori dai cancelli i rappresentanti di Cgil, Cisl e Uil annunciano il raddoppio del pacchetto di scioperi e la convocazione di un tavolo di crisi in Regione, con l’auspicio di portare la vertenza anche al Mise, l’azienda getta una latta di benzina sul fuoco appiccato con l’annuncio della firma di Cigs per crisi la scorsa settimana, ritenuto dagli stessi sindacati una decisione unilaterale non concordata, e tale da vanificare proprio l’accordo del 19 novembre scorso. Come dire che su quello stesso accordo si apre un giallo. Ma c’era questo patto?
La domanda, girata al segretario di Cgil Filctem, in assenza di un documento ufficiale da parte dell’azienda non trova commento, ma la risposta, assicura Michele Orezzi è nello stesso documento che in testa riporta proprio la firma di Brandazza, oltre che quella di tutte le rappresentanze sindacali a fronte.
Per converso, si apprende che è ferma intenzione della dirigenza aziendale andare avanti con il dialogo sindacale, negando ogni ipotesi di rottura. Fatto che avverrà certamente ai tavoli regionali, dove il Pirellone sarà garante del procedimento. Quanto alla decisione della Cigs, essa risulterebbe dalle analisi dei consulenti e analisti aziendali, di cui, si dice, i sindacati erano stati tenuti al corrente sin dal 6 febbraio. Gli incontri pertanto sarebbero stati solo finalizzati allo studio concordato degli scivoli e incentivi per la fuoriuscita degli esuberi. Insomma, la matassa, anziché sciogliersi, si ingarbuglia.