SANREMO – Sbaglia chi pensa che il Festival di Sanremo duri “solo” cinque serate. In realtà inizia almeno un mese prima del via (anteprima delle canzoni, schede dei partecipanti, immancabili polemiche create ad hoc) e termina un paio di settimane dopo la proclamazione del vincitore (adesso ci aspettano gli speciali – non solo targati Rai – la D’Urso e i retroscena a reti unificate della lite tra Morgan e Bugo). Questo vuol dire che la “paralisi” della Nazione Italia proseguirà ancora per qualche giorno. Facciamocene una ragione. In fin dei conti ogni Paese ha il suo evento di distrazione di massa. La serata finale del Festival di Sanremo, che ha incoronato vincitore Diodato, è stata seguita in media ieri su Rai1 da 11 milioni 476mila spettatori con il 60.6% di share. L’anno scorso l’ultima serata del Festival aveva raccolto in media 10 milioni 622mila telespettatori pari al 56.5%. Amadeus e Fiorello sono stati, per ragioni diverse, i due indiscussi mattatori. Il primo ha ricoperto anche il ruolo di direttore artistico, decidendo di fatto l’impostazione delle serate. «E’ la mattina più difficile di tutte – ha ammesso il conduttore nella conferenza stampa di chiusura -. La mente si svuota, non ci sono più pensieri e ti prendi solo la parte bella. Sono l’uomo più felice del mondo. Ho realizzato un sogno e tutto quello che è accaduto, nel bene e nel male, era quello che desideravo fare fin da agosto». Che subito ha aggiunto: «L’azienda mi ha dato totale fiducia e questa fiducia credo di averla ripagata lavorando con onestà e semplicità, portando quello che pensavo fosse giusto. Se ho potuto fare quello che ho fatto, è stato grazie alla Rai». Il “Fiore” è stato il valore aggiunto, il battitore libero. I suoi monologhi, mai volgari nè offensivi, hanno solo sfiorato la politica. E la gente ha apprezzato. Lo stesso non si può dire dell’esibizione di Roberto Benigni, accolta dai tiepidi applausi dell’Ariston. Trecentomila euro per l’ennesimo copia-incolla della sua gag del 2006 e per commentare la Bibbia in maniera dissacratoria e burlesca ci sembrano francamente troppi. Il momento della commozione è arrivato con Paolo Palumbo, il ragazzo immobilizzato dalla Sla che aveva presentato una canzone nella categoria Giovani e che Amadeus ha voluto sul palco dell’Ariston. Quello della riflessione con i messaggi contro la violenza sulle donne. Per l’imprescindibile sezione “nostalgia” l’apice ha coinciso con la reunion dei Ricchi e Poveri dopo quarant’anni. E sulle note di “Sara perchè ti amo” il pubblico si è alzato in piedi a ballare. La più bella risposta nell’epoca dei testi incazzati, per usare la versione scurrile dell’aggettivo “arrabbiati”. Ma adesso che la scia sanremese si è esaurita, ecco che la realtà ci presenta il conto. I timori di qualche giorno fa legati al Coranavirus si sono traformati in emergenza e l’inerzia dell’esecutivo sta producendo il rischio di un’immigrazione fuori controllo per la quale l’Europa, come sempre, non muoverà un dito. E intanto chi governa si accanisce con commercianti e artigiani, le categorie più vessate e impropriamente incorpate nello stereotipo del contribuente «infedele». Quando tutti avranno abbassato le serrante, sarà interessante capire dove andranno a raccattare i soldi. Ecco perchè ci sentiamo tutti come Rancore.
Matteo Vincenzi