Delitto del Boma: doppia condanna confermata in appello

Il luogo del delitto

MANTOVA  Conferma integrale della sentenza di primo grado, con relativo rigetto dell’istanza difensiva di revisione della stessa. Questo quanto deciso ieri, dalla Corte d’Assise d’Appello di Brescia, nei confronti dei due responsabili del delitto del Boma: Abdelwahad Hoshush, 33enne marocchino e il connazionale 37enne Bouchta Bouchari, entrambi accusati in concorso di omicidio volontario e tentato omicidio e per questo condannati, lo scorso gennaio dal gup di via Poma con rito abbreviato, rispettivamente a 16 anni e 8 mesi e 10 anni e 8 mesi. Ribadite inoltre dai giudici della città della Leonessa, oltre alle spese di giudizio a carico dei due imputati, anche provvisionali da 20mila euro ognuna in favore delle tre parti civili. Nello specifico il fatto di sangue, occorso nel piazzale del centro commerciale La Favorita, risaliva alla notte del 2 luglio 2021. Vittime del brutale pestaggio, perpetrato a colpi di mazza da baseball, Atilio Ndrekaj, 24enne albanese all’epoca domiciliato da qualche tempo nel capoluogo virgiliano a casa di uno zio (parte civile unitamente al fratello del giovane deceduto con l’avvocato Omar Bottaro del Foro di Padova) e Pierfrancesco Ferrari, 37enne di San Giorgio Bigarello (anch’egli parte civile con l’avvocato mantovano Arianna Monelli). Il primo deceduto al Carlo Poma dopo quarantottore di agonia, il secondo invece, sopravvissuto fortunatamente a quello che fin da subito era apparso come un agguato in piena regola addebitabile, secondo l’avallata ipotesi inquirente, ad un regolamento di conti in materia di stupefacenti. Stando infatti agli elementi probatori addotti sarebbe stato il 33enne, difeso dagli avvocati Marina Manfredi del Foro di Brescia e Stefania Giribaldi del Foro di Cremona, a percuotere ripetutamente al capo, prima l’albanese e in un secondo momento l’italiano, dopo che a quest’ultimo era stata sfilata di mano la mazza con cui le vittime si erano presentate all’appuntamento. E basandosi su tale ricostruzione la difesa di Hoshush, a cui era altresì contestata la recidiva specifica, aveva invocato l’attenuante della legittima difesa con contestuale richiesta di riqualificazione del capo d’accusa principale da omicidio volontario a preterintenzionale. Riconosciuto più marginale, ma ugualmente determinante nel portar a compimento l’intento delittuoso, il ruolo avuto dall’amico per il quale il proprio difensore, l’avvocato Emanuele Luppi ha sostenuto anche in seconda istanza la ricusazione dell’elemento doloso. Ma proprio per quanto concerne tale secondo imputato il giudice di primo grado aveva riconosciuto il concorso, sia materiale che morale, dello stesso con la condotta tenuta da Hoshush. Bouchari, infatti, secondo il gup, «non si era assolutamente limitato ad osservare la scena ma aveva posto in essere un contributo materiale rilevante, disarmando dapprima Ferrari colpendolo in testa con una bottiglia di vetro e quindi percuotendo entrambe le parti lese con calci e pugni anche quando queste si trovavano a terra. Inoltre non si era mai dissociato dall’azione dell’amico né si era mai allontanato dalla scena criminis». Tra 90 giorni le motivazioni d’appello. (loren)