Lei lo perdona per i maltrattamenti, il giudice lo condanna per furto

MANTOVA  Cinque anni e quattro mesi di reclusione, non per le percosse e le violenze perpetrate alla propria compagna, ma bensì per furto con strappo. Questo quanto deciso ieri dal giudice Giacomo Forte nei confronti di un 34enne cittadino rumeno di Castel d’Ario finito inizialmente a processo per maltrattamenti in famiglia, lesioni e rapina. Nello specifico i fatti a lui ascritti risalivano all’8 luglio dello scorso anno quando i carabinieri erano dovuti intervenire per ben tre volte nello stesso giorno a seguito dei ripetuti dissidi tra l’imputato e la propria convivente. In particolare l’uomo, davanti a un bar del paese a seguito di un litigio, aveva aggredito la persona offesa, strappandole altresì di mano il cellulare e le chiavi di casa. Quando i militari dell’Arma erano intervenuti avevano trovato la donna – una 36enne italiana – impaurita e con segni di percosse.
Da lì, a fronte anche delle dichiarazioni della stessa vittima, picchiata fin da quando un anno e mezzo prima si erano messi insieme, era scattata la procedura legislativa del “codice rosso” che aveva portato dapprima all’arresto del 34enne e quindi, sempre a suo carico, alla misura dell’allontanamento dai luoghi frequentati dalla parte lesa. Ma escussa in fase dibattimentale come testimone la stessa aveva di fatto discolpato il proprio compagno, cambiando totalmente versione: «Non è vero che mi picchiava – aveva riferito in aula -. Il fatto è che lui è grande e grosso e io sono piccola, per cui appena mi sfiora mi lascia dei lividi». Lividi e anche graffi, documentati però dalle foto fatte alla 36enne quando era finita in ospedale dopo essere stata solo “sfiorata”. «Non è un cattivo ragazzo. Ha solo il difetto di bere e giocare alle slot machine, ma non è vero che mi fa paura. Da quando è stato mandato via da casa per me le cose non sono migliorate, anzi. E poi io gli voglio ancora bene, vorrei averlo ancora con me invece di vederlo dormire per terra nel parco», aveva aggiunto ribattendo alle domande del pubblico ministero. Dichiarazioni “riabilitanti” che di fatto hanno costretto il giudice a mandare assolto l’imputato dall’accusa di maltrattamenti, così come pure, stante l’assenza di querela di parte, il dover disporre il non luogo a procedere circa l’ipotesi delle lesioni. Ma per quanto concerne invece l’ultima fattispecie di reato, riqualificata da rapina in furto con strappo aggravata dalla recidiva, a nulla sono valse le ritrattazioni della vittima per evitare al compagno una stangata.