Truffa da 6 milioni a rischio prescrizione

MANTOVA Sei milioni di euro fatti svanire, secondo l’accusa, che rischiano di svanire definitivamente per la prescrizione. La fase dibattimentale di un processo che vede imputata per truffa aggravata una broker e il marito, si è finalmente aperta ieri, ma dopo l’ammissione delle prove e delle liste dei testimoni presentati da accusa, difese e parti civili, è stato fatto un rinvio per la prima udienza al 14 ottobre dell’anno prossimo per sentire i primi 4 testimoni, di una lista che ne conta 39 solo tra le persone offese. Questo al netto del fatto che il processo a carico di Monica Laudini e Massimo Artioli, riguarda una vicenda che risale al novembre 2019 per reati che si prescrivono in sette anni e mezzo, fissandone quindi la dead line alla primavera del 2027. Ieri inoltre il giudice Maria Silvia Siniscalchi ha accolto l’eccezione sollevata dall’avvocato Mauro Bresciani, difensore di Artioli, la cui posizione è stata stralciata per uno dei capi d’imputazione contestati. Il legale ha rimarcato il fatto che l’udienza preliminare che ha poi portato al rinvio a giudizio, si sia tenuta davanti al gup di Brescia perché tra i reati contestati c’è la frode informatica, di competenza distrettuale, che però viene contestato solo alla Laudini. Per tale motivo, ha sostenuto l’avvocato Bresciani, il suo cliente, al quale viene invece contestata solo la truffa aggravata in concorso, non doveva affrontare l’udienza preliminare a Brescia. L’eccezione è stata quindi accolta relativamente all’accusa di frode informatica e il giudice ha stralciato la posizione dell’imputato per questo reato rinviando gli atti alla procura, che dovrà riformulare l’accusa istituendo un eventuale procedimento parallelo. Dopo tutto ciò, sono state fissate le prime due date del processo a ottobre e novembre dell’anno prossimo per sentire i primi dieci testimoni su una quarantina. L’avvocato Luca Faccin ha chiesto al giudice una data più vicina, facendo presente il rischio tutt’altro che remoto che l’intero processo finisca in prescrizione prima della sentenza di primo grado, ma non è stata possibile alcuna ricalenderizzazione. La prescrizione dei reati è comunque inevitabile, ma una eventuale sentenza di condanna in primo grado salverebbe perlomeno le provvisionali che potrebbero essere riconosciute alle parti civili, tra le quali figura anche Banca Intesa, paradossalmente parte offesa e responsabile civile nello stesso procedimento. L’accusa contesta una truffa per oltre sei milioni di euro.