MANTOVA – Per comprendere l’arte forse bisogna rovesciare la realtà, far diventare il surreale quotidiano. Per non usare la parola “normale”, che è di complessa classificazione. Non importa poi quale modalità espressiva si scelga, purché si arrivi a raffigurare il proprio mondo. Passando per le emozioni: questo in sintesi, quanto emerso ieri pomeriggio a Spazio Te, durante la presentazione di “Dadapittutatàbauh. Disegnare insieme è l’essenza”: si tratta della riproduzione di nove opere delle sessanta realizzate da Roberto Pitturazzi, al quale dal 2004 è stato diagnosticata la malattia di Parkinson e che ha nel tempo iniziato a manifestare fantasie e e discorsi attraverso le immagini, come raccontato dalla curatrice del progetto Stefania Mattioli e dal direttore di Fondazione Palazzo Te Stefano Baia Curioni. Le opere esposte sono state realizzate fra il 2018 al 2021 con colori acrilici, matite e pennarelli indelebili, narrando un universo fatto di porti, città aeree, pesci, barche e strade deserte. Una specie di codice cifrato a libera interpretazione, connotato da uno stile scarno e minimale. Un linguaggio del tutto speciale, grazie al quale trasmettere la consapevolezza di sé, partendo anche da affermazioni circa la vita dei piccioni o la volontà di mangiare un bottone. Nulla di strano. Se non si pretendere di mettere tutto sul piano della logica. Che non basta a spiegare l’arte. Le tele permettono a Pitturazzi di restare in connessione con la vita, con il mondo, di esternare intenzioni senza doverle spiegare. Riuscendo a far diventare un fattore così complesso della vita giocoso. E questo è l’aspetto più affascinante e sicuramente invidiabile del tutto: dare senso a ogni cosa trasferendola in arte, partendo da un segno. Liberamente. Così come la libertà è il tema dell’anno espositivo a Palazzo Te. I lavori di Pitturazzi rimarranno a Spazio Te fino al 31 dicembre. Info www.palazzote.it.