MANTOVA La carica con cui i Negrita approdano nella nostra città è quella giusta: tre sold out in altrettante date al Teatro Petrarca di Arezzo e anche stasera il Sociale si annuncia tutto esaurito.
La “Teatrale” è una frontiera che Pau, Drigo e Mac hanno abbondantemente raggiunto negli ultimi tempi, esplorandone i confini ed entrando in simbiosi con le sue sfumature. C’è qualcosa di magnetico, una sorta di attrazione invisibile che lega le canzoni dei Negrita al contesto teatrale: la rivisitazione senza privare un brano della propria natura, l’innovazione della tradizione, la possibilità di lasciare spazio a sonorità che, altrimenti, non potrebbero palesarsi. C’è anche un fattore umano nella “Teatrale” che non può avvenire in altri contesti, come aveva raccontato Enrico “Drigo” alla Voce: la presenza dei teatri al centro delle città, permette alla band di poter passeggiare per le vie più caratteristiche che attorniano i luoghi dove si esibiranno, entrando in contatto con storie che difficilmente si potrebbero reperire in un palasport in periferia. Ma l’occasione odierna è anche quella di celebrare il compleanno di “Reset”, situato al 70esimo posto tra i cento dischi italiani più belli di sempre secondo Rolling Stone. Un album di frontiera, nato a cavallo dei due secoli, figlio di Negrita più elettrici, innovatori e graffianti come certi riff che caratterizzano alcuni di quei brani. Inutile negare che una buona fetta di fama l’album la debba anche al film di Aldo, Giovanni e Giacomo “Così è la vita”, vedasi “Mama maé”. Ma fu “In ogni atomo” il singolo che ebbe maggior successo, soprattutto grazie a Mtv (lo Spotify e lo Youtube dell’epoca, ndr) che passavano a rotazione il video, girato dentro un labirinto di siepi e con l’immortale attacco “Hai le carte passi / giocati i tuoi assi”. Queste le canzoni più famose, ma forse non le più avvincenti. Tra queste, senza dubbio, “Provo a difendermi”, un denso chiaro scuro di suoni e immagini, in costante bilico tra la dolcezza della strofa e l’impeto dei ritornelli; “Transalcolico”, una canzone quasi grottesca che sa restituire un dolore palpabile (“Io bevo / Anche se poi sto male / Male serve a far uscire / Fuori la mia parte animale / Devo farla respirare”), fino ad arrivare a “Hollywood”, forse uno dei brani più poetici della band aretina. Ci sarebbero molte altre cose da dire su questo album, ma forse è il caso di non rovinare il piacere della meraviglia che, certamente, non mancherà stasera al Sociale.
Federico Bonati