MANTOVA – Immaginate di essere nei corridoi della Rai, corridoi che «sembrano quelli dei casermoni dei servizi segreti della Stasi». Mentre camminate, vedete venire verso di voi un uomo che parla da solo e si risponde pure. E, sin da subito, notate qualcosa in quella persona che vi colpisce, come se sapeste già che diverrete amici. È nata proprio così l’amicizia tra Antonio Manzini e Daniele Mencarelli, un’amicizia sorta all’ombra degli uffici delle fiction della prima rete e sviluppatasi poi nei libri. “La casa degli sguardi”, primo romanzo di Mencarelli dopo tanta, ottima, poesia, colpisce subito Manzini. Piccolo spazio curiosità: lo scrittore romano consigliò a Simonetta Bitasi durante il Festival di due anni fa di leggere il racconto di Mencarelli, ben sapendo che la stessa avrebbe poi fatto di tutto per organizzare un evento congiunto. Così è stato. «Io stavo benissimo con la poesia – spiega Mencarelli -, poi un ritorno alla mia gioventù, dal punto di vista creativo, mi ha portato a scrivere il mio primo romanzo, anche grazie alla spinta di Antonio». Dai rapporti personali nella vita di tutti i giorni a quelli tra le pagine dei libri: «È difficile non pensare ai rapporti interpersonali quando si scrive una storia – commenta Manzini -, nel rapporto tra due persone, tra due universi si cerca sempre di trovare il punto di arrivo della loro esistenza». E se si parla di rapporti interpersonali non si può non parlare d’amore; ancora Manzini: «L’amore nasce da un forte desiderio di darsi una speranza». Difficile trovare una luce più potente nell’incontro di ieri; non c’è da stupirsi, sia chiaro, era comunque un incontro in cui, se non direttamente, si è parlato di poesia e poetica. Si è parlato anche del secondo romanzo di Mencarelli, “Tutto chiede salvezza”, uscito quest’anno per Mondadori: diretta, cruda ed intensa narrazione dell’esperienza di un ricovero dopo un trattamento sanitario obbligatorio: «Un narratore non può permettersi il giudizio quando scrive, anche se si sta parlando di istituti psichiatrici o di carceri, veri e propri gironi infernali». Qual è il modo adatto per racchiudere in una frase questo romanzo? Lo dice Mencarelli: «Siamo il problema che qualcuno, senza strumenti veri e seri, non risolverà».