La libertà dello scrittore? Narrare ciò di cui non si è consapevoli. Parola di Grossman

MANTOVA Che differenza c’è tra uno pisicologo o psicoterapeuta ed uno scrittore? Se lo sono chiesto David Grossman, tra gli autori israelinai più amati e letti al mondo, ed il giornalista Wlodek Goldkorn ieri sera all’evento conclusivo del Festivaletteratura, come da tradizione svoltosi in una gremita Piazza Castello.
Una domanda di certo non facile così come come per niente scontata è stata la risposta: una risposta che in realtà svela anche l’approccio che Grossman ha con la scrittura e la ricerca delle sue storie.
«Lo psicoterapeuta cerca di guarire la persona mentre lo scrittore guarda i personaggi, le loro emozioni, cercando di comprender i processi attraverso cui quella persona poi arriva a capire la complessità della sua stessa anima. Per me – ha detto Grossman in collegamento streaming – la sfida è l’enorme gratificazione nel capire la mente delle altre persone. I miei personaggi sono molti e vari e da loro imparo sempre moltissimo». Se lo psicologo cura e lo scrittore scruta, ad accomunare le due professioni sono, dunque l’interesse per l’animo umano, seppure questo sfoci in due direzioni ben distinte.
«Noi siamo fatti di tante possibilità ma il sistema ci porta a diventare solo una di queste cose che potremmo essere, perchè è più facile. Via via, col tempo, perdiamo tutte le altre opzioni ed il mio compito come autore è massaggiare questi punti di rigidità per consentire al contenuto rimosso di sciogliersi e galleggiare liberamente». È così che è nata anche una delle opere di Grossman: “La vita gioca con me” (Mondadori) dove l’autore è entrato nel vissuto di una signora conosciuta poco prima: un viaggio che lo ha portato a comprendere anche quei sentimenti più nascosti della donna che nemmeno lei aveva ancora compreso. Era stata quella stessa donna a chiedergli di raccontare la sua storia: «accettai ma a patto di poter reiventare la storia partendo dal materiale che lei mi aveva dato. Scrivere cose di cui lei era forse non consapevole: questa è la libertà dello scrittore».
Valentina Gambini