MANTOVA – Gli assalti del commando venivano pianificati quasi sempre nell’abitazione del capo, a Viadana, oppure in quella di uno dei complici, a Carpi nel Modenese. Mentre per convocare le riunioni il leader del sodalizio criminale, Vasile Savin 34enne moldavo già noto anche alle cronache giudiziarie mantovane, parlava sempre al telefono con frasi in codice del tipo “mangiare” o “mangiamo insieme”. Dei colpi andati a vuoto, non ne facevano quasi mai menzione e per non farsi beccare comunicavano via Skype o Facebook con dominio russo. Questo il modus operandi della banda di moldavi che tra il settembre 2013 e il febbraio 2014 aveva agito nel nord Italia prendendo di mira grosse catene di elettronica come Trony o Media World. Dopo dodici colpi, di cui un paio messi a segno in provincia di Cremona da cui erano poi scattate le indagini da parte del Nucleo investigativo dei carabinieri e culminate nel 2015 con l’arresto della banda con le accuse di furto, ricettazione e associazione a delinquere, l’altro ieri è stata emessa la sentenza di condanna: sette anni di reclusione per la figura al vertice dell’organizzazione Vasile Savin, cinque anni e due mesi ad Aurel Daranuta, tre anni e dieci mesi ad Andrei Grosu e a Oleg Suharenco, due anni e due mesi a Valentin Revenco e Marcel Druga, un anno e sei mesi a Vitale Cucu. Mandati assolti invece Vlase Cezarica, Adrian Pascan e Olesea Savin, moglie del capo che di quanto faceva il marito era risultata totalmente all’oscuro. Questo l’epilogo giudiziario dell’inchiesta «Balcania hi-tech» con i Media Word di Cremona, Rovigo, Asti, Verona, Modena, Pistoia, Brescia, Venezia, Ferrara e Ravenna svuotati di smartphone, pc, tablet e televisioni che poi venivano piazzati oltre frontiera. (loren)