Campione d’Italia, crac di Comune e casinò: un mantovano tra gli indagati

MANTOVA Figura anche un mantovano tra le 18 persone finite nel registro degli indagati circa l’inchiesta relativa al dissesto del Comune di Campione d’Italia e al fallimento del casinò dell’enclave italiana in territorio svizzero. Tra i diciassette amministratori – oltre alla società Casinò di Campione spa – destinatari dell’avviso di conclusione delle indagini notificato dalla Guardia di Finanza di Como spicca anche il nome di Pierantonio Montagnini, ragioniere commercialista di Ostiglia, uno dei quattro revisori contabili dell’ente comunale che all’epoca dei fatti presi in esame dagli inquirenti, tra il 2012 e il 2017, si erano succeduti nella redazione del bilancio consuntivo. Oltre a lui e agli altri revisori dei conti avvisi di garanzia anche per due ex primi cittadini di Como, Maria Paola Piccaluga, in carica dal 2007 al 207 e Roberto Salmoiraghi, dal giugno 2017 al settembre 2018. Tutto era partito da un esposto presentato in procura nel febbraio 2016 da due consiglieri comunali di minoranza per denunciare mancati versamenti nelle casse comunali da parte della società che gestiva il casinò municipale. Presunti ammanchi capaci però di far crollare un intero sistema e che aveva portato in pochi mesi al crac sia del Comune, con un buco da 61 milioni di euro, che della casa da gioco, chiuso nel luglio 2018 con debiti accomulati al momento della sentenza di fallimento per 130 milioni. In particolare, secondo la ricostruzione degli inquirenti, durante l’arco temporale preso in esame, due distinte amministrazioni comunali avrebbero rinunciato senza validi motivi a crediti liquidi, certi ed esigibili nei confronti della casa da gioco avvantaggiando quest’ultima e portando alla bancarotta il Comune, unico azionista del casinò. Inoltre, viene contestata anche la modifica, svantaggiosa per l’ente locale, della convenzione siglata nel 2014 tra il Comune di Campione d’Italia e la società di gestione del casinò e l’ulteriore aggravamento del dissesto del Comune facendo ricorso ad anticipi di tesoreria per coprire gli ammanchi delle entrate della casa da gioco. Le accuse, mosse a vario titolo, agli indagati vanno dunque dall’abuso d’ufficio al falso in bilancio e al falso in atto pubblico fino al mancato rispetto della legge relativa all’adozione di modelli di prevenzione della responsabilità penale degli enti.