Al teatro municipale di Piacenza tra meraviglia barocca ed emozioni senza tempo

PIACENZA Tra meraviglia barocca ed emozioni senza tempo, Il Tamerlano di Antonio Vivaldi va in scena venerdì 20 gennaio, ore 20, e domenica 22 gennaio alle ore 15.30 al Teatro Municipale, secondo titolo della Stagione Lirica 2022/2023 della Fondazione Teatri di Piacenza.

Opera bifronte, la cui prima ambiguità si svela già nell’oscillazione del titolo fra i suoi due protagonisti, Il Tamerlano, ovvero la morte di Bajazet [RV 703], sarà affidata alla sapienza musicale di Accademia Bizantina, che festeggia 40 anni di riscoperta del repertorio antico e barocco e di prestigiosi traguardi in tutto il mondo, in un nuovo allestimento con regia, scene e costumi firmati da Stefano Monti.

Su libretto di Agostino Piovene, l’opera debuttò nel Carnevale del 1735, su commissione dell’Accademia Filarmonica veronese. A 290 anni di distanza, questo allestimento del Tamerlano, titolo mai rappresentato prima d’ora a Piacenza, mira a sottolineare tanto la dimensione barocca quanto atemporale, perché per riprendere le parole di Ottavio Dantone, direttore al clavicembalo, “le emozioni sono le stesse di tre secoli fa, basta saperle trasmettere”. Un obiettivo perseguito anche nell’integrazione di diversi linguaggi: il teatro di figura ma anche la danza, che nelle coreografie di Marisa Ragazzo e Omid Ighani per la DaCru Dance Company diventa un’amplificazione degli stati d’animo dei personaggi.

Il Tamerlano, in quest’occasione proposto nell’edizione critica del musicologo Bernardo Ticci, con le variazioni apportate dallo stesso Dantone, annovera nel cast grandi specialisti di questo repertorio, a partire dal baritono Bruno Taddia, dal controtenore Filippo Mineccia e dal contralto Delphine Galou – rispettivamente Bajazet, Tamerlano e Asteria – che avevano già partecipato all’incisione di Accademia Bizantina per l’etichetta Naïve Classique nel 2020; ad affiancarli Federico Fiorio come Andronico, Shakèd Bar come Irene, e la piacentina Giuseppina Bridelli nel ruolo di Idaspe.

Il disegno luci è di Eva Bruno, mentre i contenuti video e 3D sono curati da Cristina Ducci, le illustrazioni sono firmate da Lamberto Azzariti, le pitture su tela da Rinaldo Rinaldi e Maria Grazia Cervetti e le sculture da Vincenzo Balena.

L’opera è una coproduzione di Teatro Alighieri di Ravenna, Teatro Municipale di Piacenza, I Teatri di Reggio Emilia, Teatro Comunale Pavarotti-Freni di Modena e Teatro del Giglio di Lucca.

“Da un po’ di anni si va affermando una tesi di critici e musicologi secondo i quali l’opera barocca potrebbe diventare il teatro musicale del futuro – sottolinea il regista Stefano Monti – in ragione anche del fatto che il teatro drammatico del Sei-Settecento ha una forza emozionale senza tempo. (…) Pur se costruita attorno a personaggi con pertinenza storiografica, l’opera in questione si caratterizza per una sua astoricità. Tutto s’incentra sulle passioni, fino alla follia, il sublime si mescola con il terribile, la bellezza con la brutalità… Altro non sono che la continua oscillazione fra l’alto e il basso della vita”.

Il pretesto è infatti storico quanto lo sono il sultano dell’Impero Ottomano Bayezid I e il condottiero mongolo Timur che lo fece prigioniero nella battaglia di Ancyra nel 1402; ma Il Tamerlano, o la morte di Bajazet – “pasticcio” in cui confluirono, come prassi per l’epoca, pagine di Vivaldi e materiali presi in prestito da altri compositori e altri titoli – è un trionfo di inazione su cui dominano le passioni. Un monolite di quasi kubrickiana memoria si staglierà sulla scena per perseguire la poetica della “maraviglia” barocca ma anche il senso di uno spazio fuori dal tempo.

“Essendo un ‘pasticcio’ questa partitura si caratterizza ovviamente per una marcata varietà stilistica, ma la scrittura di Vivaldi è facilmente riconoscibile rispetto allo stile degli autori coinvolti, ovvero Broschi, Hasse e Giacomelli – spiega Ottavio Dantone – Il Vivaldi operista viene ancora oggi spesso sottovalutato: certamente nella sua produzione affiora l’urgenza compositiva e un certo carattere ‘imprenditoriale’, ma resta evidente la sua abilità di scrittura fatta di suadenti soluzioni melodiche, armoniche e ritmiche, che ci dà una visione estremamente connotativa del gusto teatrale dell’epoca. La filologia non è solo occuparsi della correttezza degli abbellimenti, delle articolazioni o dell’uso degli strumenti antichi. È soprattutto la conoscenza delle consuetudini e delle esigenze non solo espressive ma spesso anche pratiche del teatro barocco.”

La dimensione barocca del titolo emerge anche dalla riproposizione dell’incontro fra teatro di figura e melodramma – un incontro già avvenuto nella Venezia del Seicento, dove il San Moisè fu il primo teatro lirico anche per marionette; nel tempo, musicisti quali lo stesso Vivaldi composero per il teatro di figura. Anche l’inclusione della danza ha ragione filologica, nei “balli” menzionati nel libretto originale (per quanto manchi evidenza di un corrispettivo musicale). In questo caso il lavoro della DaCru Dance Company si è concentrato sulla necessità di fare di cantante e danzatore un unicum, con il primo a rappresentare il corpo fisico e il secondo il corpo sottile, lo spazio delle risonanze, attraverso un linguaggio non convenzionale, grazie alla formazione Urban Fusion degli interpreti: Kyda Pozza, Davide Angelozzi, Elda Bartolacci, Graziana Marzia, Sara Ariotti e Alessandra Ruggeri.

Informazioni e biglietti: www.teatripiacenza.it, biglietteria@teatripiacenza.it.