Mentre in Israele si riaccende il fronte del Libano, con un nuovo scambio di missili, per l’Ucraina, entrambi i fronti sono sulle porte di casa, l’appuntamento di oggi a Gedda fa proseguire le trattative per la pace sebbene ancora a tavoli separati. Al centro l’America che tratta con gli ucraini e sempre l’America che discute con i russi. E’ comunque un ulteriore passo che può dare spessore al percorso intrapreso. Per dare la pace bisogna trattare con chi fa la guerra. L’Europa pare non c’entri nelle trattative, eppure nei tre anni di guerra è stata presente, eccome! Aiutando con le armi e non soltanto, chi si doveva difendere, gli ucraini dall’invasore russo, sostenendo il presidente Zelensky senza se e senza ma, conclamando l’arrivo ad una pace giusta. Per inciso, forse per calmierare eventuali delusioni, siccome non c’è una guerra giusta è impossibile che la fine della guerra presenti una pace giusta, le ostilità si concludano, appellandosi alla diplomazia, sempre con un compromesso che è giusto se non umilia alcuno. L’attuale situazione di un negoziato fuori dagli schemi e per molti versi fuori dai canoni della diplomazia, è anche il risultato di tre anni di guerra durante i quali è stata completa la rinuncia europea all’iniziativa diplomatica battente la via negoziale. Occorreva iniziare ben prima dell’arrivo di Donald Trump alla Casa Bianca, ancora ai tempi di Biden presidente, a parlare di pace, ovviamente incontrando chi stava facendo la guerra. Doveroso il sostegno alla difesa dell’Ucraina, ma bisognava rischiare, senza arrendersi al primo insuccesso, nell’iniziativa politico – diplomatica alla ricerca di una soluzione. Forse, se il sostegno da parte dell’Europa col fine di una pace giusta, è stato forza incrollabile per gli ucraini, per noi europei è finito per farci guardare da una sola parte perdendo di vista ciò che accadeva sul terreno, sottovalutando il trasformarsi di situazioni andate molto più in là degli effetti delle sanzioni imposte a Putin, che sono finite per creare grandi difficoltà soprattutto a chi le ha imposte. I comportamenti europei giustificati da un necessario sostegno a Zelensky possono aver creato allo stesso l’impressione che l’aiuto nostro unito a quello degli americani potesse permettergli di sconfiggere Putin o perlomeno portarlo ad una resa condizionata. Ma così non è. Pertanto abbiamo finito per sottovalutare in circostanze simili i comportamenti degli americani, fino a farci dire dagli stessi che l’Europa da sola si dovrà difendere. Infatti, quando gli americani non vedono chiara la luce in fondo al tunnel cercano la scorciatoia, che è la pace e l’esempio più recente è l’Afganistan. Trump appena arrivato alla presidenza ha voluto la pace in Ucraina, diventando per lui un pensiero fisso dall’azione immediata. E su questa strada con determinazione si è incamminato senza farci conoscere con quale tipo di compromesso intende arrivare alla pace, fra l’altro da tutti aspettata. Se da una parte si è invocata la “pace attraverso la forza” (Ursula Von der Leyen), dall’altra la sensazione che i Paesi europei siano fuori gioco sembra essere una certezza. Il disimpegno americano ci ha portato al ReArm Europe, dai contorni ancora nebulosi, ma pare essere la soluzione alla questione di una difesa comune europea. Insomma l’Europa ha deciso di armarsi confidando che la pace dipenda dalla deterrenza. Tanti soldi, 800 miliardi di euro, saranno spesi dai Paesi dell’Unione europea per avere più soldati, più aerei da guerra, più carrarmati. In più i capi di governo, dobbiamo crederci fino in fondo? cercano di tranquillizzarci, per queste spesse i cittadini non dovranno fare dei sacrifici.
GASTONE SAVIO