MANTOVA – Stiamo a vedere che il disavanzo che avrebbe voluto oggi un aumento delle bollette del 5% non sia frutto della politica, più che delle decisioni dell’autority? Per averne il sospetto, se non la certezza, sarebbe sufficiente andarsi a rileggere le cronache della Voce del primo decennio degli anni 2000 per verificare quale sacrificio comportò l’acquisizione della Siem da parte della Tea. La società consortile aveva un pesante sbilanciamento quantificato in quasi 8 milioni di euro, cui la ex municipalizzata di Mantova, diventata nel frattempo Spa e multiutility (all’epoca il Comune capoluogo ne era titolare per oltre l’80% delle quote) su pressione di tutti i partiti, indistintamente, avrebbe portato ossigeno vitale salvandola da un inevitabile fallimento. La trasversalità politica nel plaudire alla fusione Tea-Siem era stata scontata, dato che nel consorzio vi avevano preso parte sia il centrodestra che il centrosinistra in pari grado, senza indagare troppo sulle responsabilità della crisi che aveva travolto la società ecologica, che dal canto suo portava in dote alla multiutility gli impianti di trattamento rifiuti di Pieve di Coriano e Castel Goffredo, oltre a quello di Ceresara e le discariche di Magnacavallo e Monzambano. Impianti ormai segnati, invero da un comune destino e declino tant’è che Ceresara è chiuso e Pieve si limita a produrre biogas. Un affare da 11 milioni, secondo le cronache dell’epoca, sebbene i 100 milioni delle stime fatte sul capitale Tea trovassero il contraltare risicato dei 3 milioni del consorzio provinciale, fatti salvi i debiti che sommavano quasi al triplo. Nessun processo alla storia, sia chiaro. Ma fatto è che quell’operazione votata in città dalla giunta del centrodestra, con l’assenso consiliare del Pd, non aveva trovato d’accordo nemmeno tutta la sinistra. Anzi, proprio nell’ala sinistra dello scacchiere politico si accese l’incandescente discussione su questa operazione che di fatto poneva un “condono tombale” sulle numerose gestioni Pds, Ds e Pd di Siem, al punto da trovare la netta opposizione dell’amministrazione Burchiellaro sino al 2005. Ma il fine giustifica i mezzi, suol dirsi. Ed è pertanto che quegli 8 milioni di debito della Siem vennero subitaneamente addossati nel fardello della Tea. A leggere i bilanci della Tea è difficile capire quanto abbia inciso quel debito, ma una cosa è certa: Tea ha pagato e continua a pagare per una scelta della politica locale. Ora il problema più volte denunciato dalla nostra Voce sembra riproporsi come argomento di attualità. Mantova Ambiente, ramo ecologico di Tea, lamenta la necessità di rimediare 550mila euro per non aumentare la tassa sui rifiuti di utenze domestiche o attività cittadine (persino quelle rimaste chiuse per la pandemia). Può essere che questo fabbisogno derivi ancora da quegli 8 milioni di debito Siem, mai di fatto saldati da Tea alla luce dei bilanci dichiarati? L’interrogativo non è ozioso, ma come ormai suol dirsi d’abitudine nei social, “si chiede per un amico”.