Nuova chiesa di Pegognaga: reperti antichi, il dilemma di un cantiere al via

PEGOGNAGA Orgoglio e preoccupazione. Sono i sentimenti che provano i pegognaghesi dopo la posa della prima pietra della nuova chiesa parrocchiale. Il rinvenimento di ruderi di precedenti chiese, la prima delle quali risalirebbe addirittura all’anno Mille, fa di Pegognaga un eccezionale sito archeologico per l’intera penisola. Motivo di più che giustificato orgoglio. Ma anche di forte preoccupazione per una prevedibile dilatazione nella edificazione della chiesa. Per stemperare tale preoccupazione riportiamo in sintesi lo scambio di pareri che abbiamo colto nel momento di sopralluogo al sito tra il vescovo mons. Marco Busca, l’alto funzionario sovraintendenza belle arti Simone Sestito, i progettisti Enrico Maria Raschi e Sara Lonardi e il responsabile sacri edifici della diocesi Alessandro Campera. Secondo Raschi «il progetto é quello di una chiesa. Non di un museo. Non possiamo nemmeno rendere museo parte della chiesa. La tendenza contemporanea permette di fare operazioni temporali di apertura di parti del pavimento, che in determinati periodi dell’anno permettano la visione e quindi la valorizzazione dei reperti archeologici. Da scartare l’ipotesi di pavimentazione a lastra in vetro sopra il reperto archeologico. La chiusa crea umidità, muffa e microclima difficilmente gestibile. Sarà possibile invece aprire piccoli settori del pavimento, riorganizzare la chiesa e lasciare una parte archeologica a vista: tendenza più in linea con le esigenze di salvaguarda architettonica» «Noi progettisti – gli ha fatto eco la collega Lonardi – stiamo ragionando su questo percorso, ovviamente in accordo con la direzione della sovraintendenza alle belle arti, tenendo per fermo che é una chiesa e non un museo. Le due necessità devono convivere». Le osservazioni, in questa occasione, hanno trovato l’approvazione del funzionario della sovrintedenza Sestito anche perchè, come ha ricordato ancora Raschi, «continuiamo, come i progettisti del passato, a sovrapporci all’esistente, in maniera sempre diversa, perché deriva da epoche precedenti. Anche noi, nei limiti, intendiamo fare questa operazione». Nel corso del dialogo si è aggiunta anche la considerazione del presule virgiliano: monsignor Marco Busca ha infatti sottolineato come tale scoperta rappresenti un onere e un valore aggiunto; considerazione che è stata condivisa anche da Alessandro Campera. Secondo il funzionario Sestito, «poche chiese possono vantare d’avere questa continuità nel tempo. Chiaramente é un tema progettuale difficile. Più che far diventare la chiesa un museo c’é un’idea di far si che il progetto tenga conto di quello che é il portato storico del luogo. Come sovrintendenza il primo obiettivo é la conservazione. Poi la valorizzazione». Dal colloquio si evince dunque che una certa dilazione ci sarà, ma non tale da preoccupare, perché progettisti e sovraintendenza hanno idee chiare.