Maltrattamenti alla compagna con il guinzaglio del cane, 39enne prosciolto al terzo tentativo

MANTOVA – Maltrattamenti, lesioni, violenza privata, furto e minacce. Con questo ampio ventaglio di contestazioni, dopo altri due precedenti giudizi analoghi conclusisi con una condanna e un patteggiamento, era finito nuovamente sul banco degli imputati un 39enne italiano residente a Mantova. La vicenda di cui era chiamato a rispondere in tale ultimo caso di specie, atteneva al 2016-2017, antecedente l’entrata in vigore della normativa sul cosiddetto “codice rosso” e quindi per questo istruita innanzi al tribunale monocratico e non collegiale. Secondo il novero delle accuse a lui ascritte si sarebbe reso responsabile di numerose e reiterate aggressioni, sia verbali che fisiche, perpetrate ai danni dell’allora propria convivente. Nello specifico tra i vari episodi addebitatigli, aggravati dall’aver agito sovente sotto l’effetto di sostanze stupefacenti o in stato di abituale ubriachezza nonché in danno di persona in gravidanza, diversi quelli che avevano visto il 39enne offendere, ingiuriare e minacciare di morte la donna nel caso in cui la stessa avesse voluto interrompere la loro relazione o lo avesse denunciato. In particolare, in occasione di numerosi litigi, afferenti perlopiù i futili motivi, l’avrebbe percossa con calci e pugni, afferrata per i capelli, oltre a lanciarle addosso sedie e suppellettili per impedirle di uscire di casa e poter chiedere aiuto. In altre occasioni invece, la presunta vittima sarebbe stata altresì inseguita e colpita con un bastone di legno nonché, addirittura, picchiata col guinzaglio in maglie di ferro del cane, oltreché ferita su schiena e braccia con un coltello. Inoltre, sempre con le maniere forti, l’avrebbe costretta a rimettere la querela da lei presentata nei suoi confronti il 3 marzo 2017, e facendole riferire in siffatta circostanza che, contrariamente a quanto ritenuto vero, le violenze subite erano state un mero fatto occasionale. In ultima istanza l’uomo era pure accusato di averle rubato il bancomat. Addebiti respinti dall’imputato e per i quali ieri, all’esito del dibattimento, è stato da tutti mandato assolto così come avanzato dal proprio difensore, l’avvocato Francesco Ruggenini, a fronte dei 3 anni e 6 mesi chiesti dal pubblico ministero. A venir meno nella circostanza, la prova certa di colpevolezza oltre ogni ragionevole dubbio, sulla base di dichiarazioni contrastanti della persona offesa, con la quale l’imputato aveva condiviso una situazione di reciproco disagio familiare, oltre a mancate querele di parte per reati non perseguibili d’ufficio.