I Santissimi di Scalcagurra: dalla penna di Davide Savorelli vicende di ieri tra ironia e genio

MANTOVA Cosa accomuna ironia e genio, storia vera e finzione letteraria, arguzia di penna e brillantezza di idee? Presto detto: gli scritti di Davide Savorelli, astro nascente della letteratura contemporanea, mantovano di San Giovanni del Dosso e Toscano di adozione. Astro nascente, si scriveva, non perché Savorelli stia muovendo i primi passi nel mondo delle lettere (anzi!), ma in quanto il passaggio da un’attività quale giornalista professionista a quella di scrittore e romanziere, con diversi titoli in attivo, sta rivelando un autore di talento la cui produzione letteraria miete consensi e successi in numerosissimi concorsi. Un lungo preambolo per introdurre il nuovo romanzo, fresco di stampa, di Savorelli: I santissimi di Scalcagurra (488 pagine, Francesco Tozzuolo Editore). Il libro sarà presentato sabato alle 19 presso la biblioteca comunale “Dosso Dossi” di San Giovanni del Dosso (via Roma 21) alla presenza dell’autore.

L’origine della narrazione affonda le radici nella storia vera, e in particolare in una vicenda locale che ebbe, però, risalto nazionale, ovvero l’elezione del parroco di San Giovanni al Dosso avvenuta il 28 settembre da parte della popolazione e alla presenza di un notaio. Era un periodo storico complesso e teso, nel quale era vescovo di Mantova mons. Pietro Rota, notissimo per l’asprezza dei suoi sentimenti antiliberali e antinazionali. Per contro, i fermenti antiautoritari profondamente radicati nella diocesi mantovana si espressero allora, tra le fila del clero, in più d’una apostasia e sfociarono, per quanto concerne il laicato, nelle elezioni popolari di parroci del 1873 e 1874. A San Giovanni l’arrivo di don Anselmo Prati, poi sospeso, vide intervenire direttamente il procuratore del Re che contattò direttamente il sindaco di Quistello, saltando la Prefettura; il primo cittadino sottolineò il rischio dello scoppio di “turbolenze”. Ma su questa base storica si inserisce la narrazione di Savorelli che nell’ironica e fiorita prosa del nostro, è così concretizzata nella quarta di copertina: «Ci mancava solo un sesso da mulo in piviale a perturbare gli equilibri scalcagurresi! Temeva che la diceria della diaconale anaconda avrebbe prodotto una sorta d’aura spermatica diffondentesi tra giovinette e maritate, vedovelle e avuncole». Di carne al fuoco ve n’è molta, e ai mantovani piacerà rincorrere luoghi e figure, tra i diversi appellativi, gli scotmai, i luoghi, il coccodrillo delle Grazie… tra qualche sorriso, (forse) qualche allusione, certamente molti riferimenti ad un passato quasi remoto. Per il resto: la consapevolezza che la scrittura di Savorelli ha già vibrato più d’un colpo d’ala, e che il confronto con i grandi della letteratura contemporanea italiana è solo dietro l’angolo.