L’intervista – Tony Cairoli: “La mia vita per il motocross tra velocità, fango e gloria. Con Mantova sempre nel cuore”

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Mantova Come recita il titolo del suo libro “Velocità Fango Gloria”, Tony Cairoli ha dato la sua vita per il motocross fino a conquistare nove titoli mondiali e un Gp delle Nazioni proprio a Mantova. Con 94 successi è diventato una leggenda di questa disciplina e proprio nella nostra città ha chiuso la sua carriera nell’ultima prova del mondiale MXGP 2021. Non ci siamo lasciati scappare l’occasione di sentire Tony proprio dopo l’ultimo GP “Città di Mantova”.
Torniamo per un attimo all’ultimo Gp: tanta sfortuna, vero?
«Di sicuro la fortuna non ci ha aiutati. Dopo la gara della domenica, dove ho conquistato il terzo gradino del podio, sapevo che avremmo potuto fare un buon risultato il mercoledì. Perché no, avrei voluto anche vincere com’ero riuscito solo due settimane prima in Trentino. Ma il ritiro nelle prima manche ha compromesso tutto. Comunque il bilancio non può essere che positivo».
Diciott’anni da protagonista, 9 vittorie iridate. Da dove viene la passione la passione per il motocross? Perché smettere visto che sei ancora competitivo?
«La passione per il motocross l’ho sempre avuta, mi viene da dire che forse me l’ha trasmessa mio padre da piccolo; lui avrebbe voluto correre ma non ci è mai riuscito perché la sua famiglia non poteva permetterselo. Con me le cose sono andate diversamente, ma quanti sacrifici hanno dovuto fare. Quanto alla decisione di smettere, l’ho fatto perché era il momento giusto in quanto il mio fisico non recupera più come un tempo e col ritorno al formato dei due giorni avrei faticato ancora di più».
Quali sono stati i momenti più belli della tua carriera?
«Fare una selezione è difficile. I più belli coincidono con le vittorie, la prima a Namur nel 2004, del tutto inattesa, poi il mio primo titolo iridato a Lierop con una moto rotta e l’ultimo ad Assen, il più sofferto e atteso, il nono».
Ci parli del feeling con il Circuito Tazio Nuvolari, dove hai vinto tante volte, e del tuo rapporto con Giovanni Pavesi e Mantova?
«La pista di Mantova è una pista “ amica”, una di quelle alla quale resterò legato per sempre e dove ho collezionato tante vittorie e tanti bei ricordi come gli Starcross che erano la gara di apertura di ogni stagione, E come dimenticare l’ultima? La vittoria del Nazioni di quest’anno con l’Italia. Quanto a Giovanni, è un personaggio, il cuore del Tazio Nuvolari che senza di lui non esisterebbe».
Motocross è, motocross non è…
«Il motocross è passione, sacrificio, lavoro, sudore, fango e gloria. Sicuramente non è uno sport da prima pagina, purtroppo. Né un ambiente patinato. Siamo una famiglia che ama quello che fa e lo fa con passione».
Hai deciso cosa farai dopo? Resti nell’ambiente?
«Resterò nell’ambiente come tester del gruppo KTM per sviluppare le moto dei tre marchi ma continuerò ad allenarmi e spero di fare qualche gara magari in America o con qualche wild card in MXGP e poi, se dovessi avere ancora qualcosa da dare, mi piacerebbe correre il Nazioni 2022 in America per difendere il titolo conquistato a Mantova».
Cosa fa Tony Cairoli quando non corre o non si allena? Avrai più tempo per coltivare altri interessi…
«Ho sempre gli stessi interessi, musica, sport, calcetto, pesca e mare. Tanto mare, anche se in inverno ci si va di meno. Avrò più tempo per la famiglia e per fare un po’ di lavoretti a casa».
Chi ti senti di ringraziare a fine carriera?
«Tutti quelli che hanno fatto parte di questo meraviglioso viaggio, ad iniziare dai miei genitori, la mia famiglia e quella De Carli, il gruppo KTM, Pit Beirer, Stefan Pierer e tutti quelli che col lavoro e la passione mi hanno accompagnato in questi anni, in pista e fuori. E poi la donna della mia vita, Jill. Nonché mio figlio Chase».
Mi fai il nome di qualche pilota rivale ammirato o che ti ha messo più in difficoltà? E che panorama lasci nel motocross mondiale?
«Ne ho incontrati così tanti che è difficile dire chi sia stato il più forte. Ammiravo moltissimo Jeremy Mc Grath e tenevo il suo poster appeso in camera. Mi allenavo per fare il Nac -Nac come lui. Per il resto non ho mai litigato seriamente con nessuno, solo qualche screzio ma è acqua passata. Lascio un motocross bello e spettacolare con piloti forti in grado di giocarsi i prossimi titoli mondiali».
Lasci anche un’eredità pesante in patria. Abbiamo giovani che danno garanzie? Come sta il nostro motocross?
«Ci sono giovani pieni di talento che promettono molto bene per il futuro del motocross azzurro. Uno su tutti è Mattia Guadagnini, mio compagno di squadra. Poi cito Valerio Lata fresco campione europeo in 125 ma altri stanno crescendo bene».
Hai un sogno che non sei riuscito a realizzare nonostante 94 GP vinti? Magari il decimo mondiale?
«Non credo proprio. E’ vero che ai sogni non c’è mai limite, ma io ne ho realizzati davvero tanti».
Non rimane che ringraziare Tony per le infinite emozioni che ci ha regalato fino a diventare una leggenda del motocross. È stato uno degli sportivi italiani più vincenti di sempre e avrebbe meritato maggiore considerazione. Ci mancherà.