Sparatoria di Castellucchio, l’imputato: “Non ho fatto fuoco”

Carabinieri sul luogo della sparatoria, a Castellucchio

MANTOVA «Non ho sparato a nessuno. Di quella sera ricordo solo mia figlia e il proprio compagno assalirmi verbalmente, mentre mi trovavo seduto in poltrona a pulire la pistola. Quindi mi hanno colpito al petto con un manico di scopa; da lì ne è nata una breve colluttazione e nel parapiglia generale ho impugnato l’arma dalla parte della canna per difendermi. Poi ho sentito esplodere un primo colpo verso di me e sono svenuto». A parlare, ieri in aula innanzi al collegio dei giudici, Nello De Angeli, il 76enne ex idraulico di Castellucchio finito sotto accusa per il tentato omicidio del genero, il 47enne Alberto Dalseno, quest’ultimo attinto, stando all’ipotesi inquirente, a seguito di un litigio tra i due all’interno dell’abitazione da loro condivisa, il 31 maggio 2023.
Una versione dunque, quella resa dall’imputato in aula, diversa rispetto a quanto ricostruito in sede investigativa e suffragata altresì da quanto addotto al giudizio dal perito balistico della difesa, l’ingegner Alberto Riccadonna. Secondo il consulente infatti, «al netto di diverse omissioni in fase investigativa, come ad esempio la mancata analisi sulla scenda del crimine dei residui di sparo (detta anche stub test – ndr), ritenuta strumento fondamentale nella balistica forense e usata per determinare la composizione, la quantità e la distribuzione del particolato generato dall’uso di un’arma da fuoco, in tale caso di specie appare plausibile ritenere che, entrambi a bruciapelo, il primo colpo sia stato esploso, al culmine della concitazione del momento all’indirizzo di De Angeli e solo il secondo ai danni di Dalseno. Questo perché, essendo De Angeli mancino non pare possibile che possa essersi ferito all’altezza del capezzolo sinistro, anche se avesse impugnato l’arma dal calcio e non dalla canna». Invertita dunque la dinamica del fatto di sangue stando al Ctp rispetto a quella che vedrebbe l’anziano, impugnata la propria Beretta calibro 7,65, detenuta legalmente, fare dapprima fuoco contro il marito della figlia per poi rivolgere la stessa arma verso di sé e sparare una seconda volta. Nella circostanza, entrambi rimasti feriti in modo grave, con i proiettili che per pochi millimetri non avevano lesionato organi vitali, erano stati soccorsi e trasportati in in ospedale, Dalseno al Carlo Poma di Mantova e De Angeli (difeso dall’avvocato Cedrik Pasetti) al San Matteo di Pavia, dov’era stato dapprima sottoposto a un delicato intervento chirurgico per la rimozione dell’ogiva dal costato e quindi arrestato dai carabinieri. Una duplice azione, seppur ritenuta del tutto accidentale, ma dai risvolti potenzialmente mortali per entrambi i soggetti coinvolti, si è limitato a constatare il consulente medico legale del Pm, Giovanna Del Balzo. Prossima udienza, fissata per discussione e sentenza, l’8 luglio.