Delitto di Valletta Valsecchi: indagini chiuse e giudizio immediato per Elena Scaini

MANTOVA – Omicidio volontario aggravato dalla premeditazione nonchè dal rapporto di coniugio e lesioni personali aggravate. Accuse queste di cui sarà chiamata a rispondere, il prossimo 27 maggio davanti alla Corte d’Assise del tribunale di via Poma, Elena Scaini, la 53enne reo confessa dell’assassinio del marito, il 51enne Stefano Giaron, ucciso con una coltellata all’addome e rinvenuto cadavere il 9 ottobre scorso in un appartamento di via Mozart, nel quartiere di Valletta Valsecchi. A stretto giro dalla conclusione delle indagini è quindi arrivato per l’indagata il rinvio a giudizio immediato. A statuirlo, avallando in toto l’impianto accusatorio della procura circa il doppio capo d’imputazione, il gip Matteo Grimaldi, lo stesso magistrato che a suo tempo ne aveva convalidato il fermo con contestuale provvedimento di custodia cautelare in carcere, misura questa a cui la donna è tuttora sottoposta.
A questo punto, entro i termini della notifica del decreto di citazione a giudizio probabile da parte del difensore dell’imputata, l’avvocato Fabrizia Baroni, la presentazione d’istanza di rito abbreviato, giudizio alternativo che verrà in ogni modo affrontato non in camera di consiglio ma davanti ad una giuria popolare. Sempre in tale contesto si procederà infine alla costituzione in qualità di parti civili dei familiari della vittima: si tratta della madre – attualmente ospitata nella casa di riposo Villa Carpaneda di Rodigo e seguita da un amministratore di sostegno per la nomina di un difensore – e di uno zio, in questo secondo caso rappresentato dall’avvocato Andrea Antonelli. Un delitto dunque, stando alla contestata aggravante, commesso non in preda ad un improvviso raptus, come invece paventato dalle primissime ricostruzioni investigative, ma pianificato a sangue freddo in un momento successivo ad una delle tante liti domestiche occorse tra i due coniugi. Già durante il primo interrogatorio infatti, tenutosi nella caserma dei carabinieri di via Chiassi la notte del 9 ottobre 2020, subito dopo il suo trasferimento a Mantova da Zocca di Modena dov’era stata arrestata, la donna nell’atto di autodenunciarsi aveva motivato l’omicidio con la paura, a fronte dei numerosi dissidi e scontri fisici avuti col coniuge nell’ultimo periodo, e quindi di poter venire ammazzata lei per prima da lui. Anche sulla base di tali dichiarazioni la pista battuta sin dall’inizio, e sulla quale si erano delineate le successive indagini, era proprio quella connotante un contesto di forte disagio socio-familiare nel quale la coppia viveva ormai da mesi a causa di gravi difficoltà economiche; nonostante infatti, il 51enne fosse stato assunto da poco tempo come operaio in una cooperativa marito e moglie erano stati costretti ad abbandonare l’abitazione coniugale che avevano preso in affitto dopo il matrimonio a Montanara di Curtatone per trasferirsi a casa dell’anziana madre della vittima, la 79enne Lina Graziati, quest’ultima trovata dai soccorritori, al momento del rinvenimento del cadavere, ferita e sotto shock e per questo subito ricoverata all’ospedale Carlo Poma.
Se il movente del delitto era stato chiarito dalla stessa Scaini circa invece il ferimento della suocera la 53enne aveva sempre negato ogni tipo di responsabilità addebitando di contro l’episodio violento ad un’aggressione perpetrata giorni prima ai danni della pensionata ma per mano del figlio. Versione questa che non aveva convinto gli inquirenti secondo i quali era stata invece lei a colpirla.