MANTOVA – Domani ricorre il 42° anniversario della morte di mons. Arrigo Mazzali (3marzo 1901 Gabbiana – 30 gennaio 1983 Mantova) “il prete dei poveri, il sacerdote di tutti”. Arrigo viene ordinato sacerdote il 12 marzo 1927. L’1 settembre 1938 diventa direttore spirituale in Seminario mentre l’1 febbraio 1944 è nominato parroco in Duomo, la sua famiglia. In occasione di questa ricorrenza, sarà celebrata nel “suo” Duomo alle ore 18 la Santa Messa per ricordarlo e pregare insieme. Inoltre, sarà venduto un libretto in suo ricordo scritto dal compianto Alberto Trobia Martini, cresciuto come tanti sotto il suo mantello nero (tabarro). In questo libretto si leggono anche appunti scritti da mons. Mazzali quando preparava gli sposi al matrimonio. Quando morì, tra i suoi documenti si trovò la lettera in cui confidava a don Primo Mazzolari: «Dobbiamo rimanere inchiodati alla nostra parrocchia». E, chi meglio del nostro monsignore (lui amava definirsi sacerdote, e infatti firmava con Sac.) “parroco della città” ha attuato e messo in pratica questa frase. Mazzali non conosceva nè mare né montagna. Il suo tempo era per gli altri, i più bisognosi.
Sveglia presto al mattino, inforcava la sua bici nera e col… sottanone al vento con qualsiasi tempo (pioggia, freddo, sole, nebbia) arrivava all’ospedale a portare una preghiera agli ammalati per poi passare dalle carceri per portare una parola di conforto e poi arrivare a scuola dei fanciulli per spiegare e raccontare le parabole di nostro Signore. Poi, il ritorno in Duomo per confessare a tutte le ore. Pensate, aveva fatto installare un campanello vicino al confessionale situato nella Cappella del Santissimo Sacramento che suonava direttamente nel suo studio così da poter… correre quando qualche “buon’anima” aveva bisogno di lui e noi che adolescenti lo vedevamo scattare in quell’epoca ci chiedevamo il motivo. Cresciuti all’ombra del campanile capimmo l’essenzialità delle sue opere. Il cardinale Karol Wojtyla (poi divenuto Papa Giovanni Paolo II) in una delle sue visite a Mantova, quella in qualità di Vescovo di Cracovia, chiese espressamente di accedere al Sacramento della confessione in quel confessionale proprio con monsignor Arrigo. Lui era sempre al servizio di tutti. L’hanno definito: “Prete senza distanze, padre senza debolezze, maestro senza orgoglio” e queste definizioni gli calzano a pennello. Nel giorno del suo funerale, in un Duomo gremito in ogni ordine di posti, mi torna ancora in mente l’interminabile applauso in suo onore al termine della Santa Messa. Adesso, le sue spoglie riposano nel suo Duomo voluto così dai cittadini che raccolsero una fiumana di firme. Grazie Sacerdote Arrigo per tutto quello che ci hai insegnato. Mi diceva: «Non avere scheletri nell’armadio. Mai. Non tirarti mai indietro di fronte a qualunque problema o responsabilità. Vai a testa alta e non fare come le scimmiette. Tu vedi (scruta), senti (ascolta attentamente) e parla (visto il tuo carattere… Gherson – così mi chiamava il Mons.- in certi casi conta fino a sette…). Belle cose. Insegnamenti di vita. Grazie Mons.