MANTOVA In queste settimane il termine Coronavirus imperversa a tutti i livelli ed è l’argomento topico delle varie discussioni sul web tramite i social. Ma questo non è l’unico virus in giro di questi tempi e se il Mantovano è stato toccato solo in questi ultimi giorni dalla “sindrome cinese”, già a inizio settimana c’erano state due segnalazioni di cryptolocker, un virus informatico che blocca completamente i computer per il cui ripristino gli hackers (pirati informatici) chiedono fior di quattrini. Durante la settimana appena trascorsa gli agenti della Polizia postale hanno raccolto due nuove denunce da parte di due imprenditori mantovani. Tra questi figura anche una donna, una libera professionista che dopo avere pagato 2500 euro a chi le aveva hackerato il computer perché le restituisse i suoi file nell’estensione originale, si è vista invece arrivare una richiesta-monstre di 70mila euro. Forse un refuso degli hacker; fatto sta che la professionista si è rivolta alla Polizia Postale per sporgere denuncia nei confronti di ignoti. Ciò che ha fatto per lo stesso motivo anche un altro imprenditore mantovano, il quale però non avrebbe pagato un centesimo a chi gli chiedeva soldi per sbloccargli il computer. In genere questi pirati informatici chiedono il pagamento in bit coin, ovvero la moneta del Web. Dalle indagini al riguardo fatte dalla Polizia Postale, salvo rare eccezioni la moneta elettronica prende quasi sempre la strada dei paesi dell’est Europa. Questo non significa che gli hackers siano prevalentemente slavi; con ogni probabilità la frontiera dell’est è molto meglio perforabile per questi “untori” che nello stesso tempo vi trovano un riparo molto più sicuro nella Rete che in altre zone. Vittime preferite di questi hacker sono ditte e imprese, attività per le quali ritrovarsi con i file criptati rappresenta un danno molto serio, per non parlare degli eventuali risarcimenti che possono essere chiamati a pagare dalla loro clientela nel caso dovesse perdere i dati loro affidati.