Al Teatro Mondo 3 di Moglia, “La guerra” tratta da Goldoni

Appuntamento con un testo andato in scena per la prima volta a Venezia nel 1760

MOGLIA Per la rassegna di prosa del Teatro Mondo 3 di Moglia, sabato  alle 21, Aria Teatro presenterà La guerra tratta da Goldoni. Poco conosciuta e rappresentata, La guerra, andata in scena per la prima volta a Venezia durante il Carnevale del 1760, è frutto delle esperienze maturate da Carlo Goldoni molti anni prima. Per scriverla egli attinge a piene mani ai ricordi di un anno cruciale, il 1733, durante il quale, a seguito di molte avventure, lascia l’impiego e si dedica al teatro. Goldoni in questo testo dimostra non solo di aver brillantemente avviato la riforma del teatro italiano, ma anche di aver fatto un balzo nel ‘900 di non poco conto. In questa commedia si respira una suggestiva atmosfera brechtiana in cui agiscono i personaggi goldoniani, quasi sorpresi nel ritrovarsi altrove. Altrove sì, perché “la guerra” – nella regia firmata da Simone Toni – è intesa come un territorio emotivo, un non/luogo in cui la paura della morte accelera le passioni e paradossalmente la voglia di vivere e la fame di piacere. Questo autorizza a immaginare uno spettacolo vivo dal ritmo vorticoso in cui i personaggi devono vivere le loro vicende sulla scena perché non sanno se sopravviveranno dietro le quinte dove imperversa appunto la guerra.
Uno dei temi della commedia, che il regista Simone Toni si propone di indagare con maggiore attenzione, è quello della guerra intesa come un affare vantaggioso, che genera profitto, sottolineando la contemporaneità dell’opera e il desiderio di rimetterla in scena ancora ai giorni nostri. Senza dimenticare mai, però, che di una commedia si tratta e si fonda anche su i vizi ed i “caratteri” dei suoi personaggi. Goldoni stesso, difendendosi dalle critiche che lo dipingevano superficiale e privo di poetica, evidenzia di aver avuto il coraggio di acquisire la consapevolezza di quel materiale degno della “disapprovazione o della derisione de’ Saggi”. L’obbiettivo registico, risulta dunque quello di scendere in profondità con leggerezza, di ritrovarsi ad interrogare la propria anima nel mezzo di una risata.