Bach nell’ottica di Schumann con Pavel Berman e Stefano Giavazzi. alla Madonna della Vittoria

MANTOVA A riportare in auge l’opera di Johann Sebastian Bach (1685-1750), relegata a puro materiale didattico e di stile superato dopo la sua morte, furono le illuminate attenzioni di grandi compositori dell’Ottocento, come Mendelssohn e Schumann che, per approfondire la loro conoscenza e favorirne la diffusione, si cimentarono in operazioni di trascrizione e integrazione di pagine strumentali del genio di Eisenach. È su questo aspetto dell’attività di Robert Schumann (1810-1856) che si è incentrato il programma del concerto di sabato pomeriggio per la rassegna “DiciottoeTrenta” di MantovaMusica che ha visto protagonisti il violinista Pavel Berman e il pianista Stefano Giavazzi. L’ex chiesa della Madonna della Vittoria gremita e l’entusiastica approvazione del pubblico hanno fatto da cornice alla pregevole performance dei due interpreti che hanno proposto due opere di Bach per violino solo, la Sonata n. 1 in sol min. BWV 1001 e la Partita n. 1 in si min. BWV 1002, nella versione con l’accompagnamento pianistico ideato da Schumann. Come si è potuto apprezzare, mantenuta rigorosamente intatta la parte originale del violino, l’intervento affidato al pianoforte riveste un ruolo di delicato supporto realizzando una misurata integrazione del discorso armonico, come a porre in evidenza il senso di polifonia che magicamente Bach fa emergere dal fluire della sua scrittura per un solo strumento. Per l’occasione, Pavel Berman si è confermato violinista di straordinario valore tecnico e sensibilissimo interprete offrendo una interpretazione solidissima, dinamica e profondamente coerente allo spirito delle opere in programma che, con l’integrazione pianistica, sembrano acquisire addirittura una maggiore incisività espressiva. A tratti limitatissimo nella dimensione sonora e dinamica, il pianoforte propone linee di collegamento, tracce imitative, brevi contrappunti al virtuosismo del violino e luna puntualizzazione degli intrecci armonici tramite accordi che lasciano trasparire un vago sapore ottocentesco. Un impegno per nulla trascurabile, che si afferma come una raffinata didascalia posta a rendere più intellegibile la trama solistica, di cui Stefano Giavazzi ha offerto una interpretazione accuratamente misurata e ottimamente dettagliata. Meritatissimi gli entusiastici applausi per i due protagonisti del successo di questo appuntamento del ciclo “Bach alla corte di Anhalt-Köthen” dedicato al periodo compositivo che geniale “kantor” trascorse alla corte di Köthen tra il 1717 e il 1723. Altrettanto calorosa l’approvazione per i due bis: il Largo dalla Sonata n. 4 per violino e clavicembalo, BWV 1017 di Bach e il primo movimento della Sonata per violino e pianoforte n. 1, op. 105 di Schumann. (gmp)