La quarantena vista da dentro: il racconto.

MANTOVA La quarantena ai tempi del virus. La storia è quella di una ragazza che abita nell’Hinterland e da una manciata di giorni si ritrova confinata in casa perché la settimana scorsa è andata a trovare i suoi genitori in un paesino veneto finito nella zona rossa per l’esplosione di un focolaio.
Alla luce di questo, il medico di base le ha detto di rimanere chiusa in casa. In quarantena.
Ma come si vive chiusi in casa in questi giorni di psicosi collettiva in cui non si riesce ad avere un contatto con la realtà?
Ce lo racconta proprio lei, tra l’ironico e l’annoiato, in una delle tante giornate in cui il tempo sembra non passare mai.

“Inizio dicendo che sono fortunata perchè la mia rete di amicizie mi permette di non morire di solitudine e fame durante questi 14 giorni di quarantena. Non potendo uscire di casa, l’alternativa agli amici sarebbe stata la spesa online, che avevo seriamente valutato. Data la diffidenza che si è insinuata tra le persone “sane” e che respiro quotidianamente attraverso i media e i social ho subito pensato di omettere la mia condizione di sospetta-infetta per paura che il fattorino si rifiutasse di consegnarmi a domicilio. Ma come mi sarei dovuta affacciare all’uscio di casa? Bardata da fervente musulmana con un burka composto da mascherina e sciarpa, impugnando un metro di legno per mantenere la distanza indicata dal protocollo sanitario? Alla fine ho preferito ricorrere alle mie amiche. La difficoltà maggiore da affrontare, per chi come me vive da sola, è il tempo che si trascorre da soli senza poter scambiare una parola vis a vis, senza ricevere un po’ di conforto che non sia solo virtuale.
Quando il mio medico mi ha annunciato che avrei dovuto andare in quarantena la mia prima reazione è stata di sconforto. Superata la fase di apatia iniziale, ho deciso di dare un senso a questo isolamento forzato dedicandomi alle attività rimandate per mancanza di tempo o di voglia. Ho riversato anima e corpo nelle pulizie, con una minuzia simile ai protagonisti del reality “malati di pulizie”. L’immobilità geografica l’ho combattuta con la mobilità fisica anche se circoscritta alle quattro mura di casa. L’impegno fisico mi ha impedito di ricadere nella bulimia da notiziari e bollettini contagiati-morti nella quale ero sprofondata i primi giorni. Ho messo un filtro tra me la Tv e i social. Ho letto per giorni commenti, interviste di esperti, politici opinionisti…. mentre poco o nessuna voce è stata data a chi direttamente è coinvolto da questo virus, perché contagiato, perché preventivamente isolato, perché in prima linea a curare, analizzare… chi questa realtà la tocca con mano”.