Mamma spacciatrice usava il figlio di 9 anni per il trasporto della droga

MANTOVA Utilizzavano un bimbo di appena nove anni per il trasporto di dosi di droga del tipo cocaina.

È quanto scoperto dalla Squadra Volante della Questura di Mantova che ha denunciato una donna tunisina di 40 anni per spaccio di sostanze stupefacenti con l’aggravante di aver sfruttato il minorenne, figlio della donna.

Durante l’ordinaria attività di controllo del territorio nelle arre periferiche del capoluogo gli agenti della Squadra Volante notavano uscire da uno stabile, già noto per episodi di spaccio grazie alle segnalazioni Youpol, un bambino di nove anni che alla vista degli agenti si mostrava agitato. Intuita la volontà di eludere il controllo, subito gli agenti lo fermavano iniziando a porgli delle domande e tranquillizzandolo sul fatto che se avesse detto la verità tutto sarebbe andato per il meglio. Il bambino, dopo essere stato colto in una crisi di pianto, si scusava con i poliziotti e consegnava spontaneamente un bilancino di precisione e una bustina di stoffa contenente polvere bianca (rivelatasi poi stupefacente tipo cocaina), che lo stesso ammetteva essergli stati consegnati dalla mamma.

Alla luce di quanto appreso, gli agenti procedevano immediatamente alla perquisizione di iniziativa dell’abitazione ove il giovane risiede con il genitore, all’esito della quale venivano rinvenute evidenti le tracce di un recente consumo della sostanza citata, una ingente somma di denaro non compatibile con lo status sociale della persona, 4 cellulari di marche diverse e un’agendina contenente i riscontri contabili dell’attività di spaccio. Venivano inoltri trovati dei documenti appartenenti ad una terza persona, risultati successivamente quale pegno per una precedente cessione di dose di sostanza stupefacente.

La donna veniva denunciata alla A.G., in stato di libertà, per l’attività illecita di spaccio, aggravata dal coinvolgimento del figlio minorenne per occultare le tracce di tale traffico illecito.

Si precisa che l’attività di indagine è ancora in corso e che l’indagata deve ritenersi innocente sino a quando non intervenga una sentenza definitiva di condanna.