MANTOVA Un accorato appello «a 360 gradi per proteggere il Mantova». È quel che lancia il dt Christian Botturi in vista delle ultime 10 partite di campionato, conscio che il il traguardo si avvicina e che ogni dettaglio (anche il più apparentemente insignificante) può risultare decisivo. L’intervento di Botturi tocca, più o meno esplicitamente, vari ambiti e suona come un manuale d’istruzione per affrontare al meglio il rush finale.
Direttore, ripartiamo però dall’1-1 di Novara. Com’è il bicchiere?
«Sempre mezzo pieno. Perchè siamo in salute, perchè lo dice la prestazione e perchè il Novara è una delle squadre più in forma del campionato. Già all’andata ci aveva messo in difficoltà. Siamo passati in svantaggio dopo pochi minuti, eppure abbiamo sempre mantenuto il pallino del gioco. C’è un dato emblematico in tal senso: per 18 minuti nel secondo tempo abbiamo mantenuto per il 90% il possesso palla. Questo la dice lunga sul percorso che stiamo facendo ed è esattamente su questo percorso che vorrei soffermarmi».
Prego…
«È un percorso cominciato in luglio e che ci ha portati fin qui contro ogni previsione. Questo percorso non dobbiamo mai perderlo di vista. Occhio quindi a strumentalizzazioni giornalistiche, che leggo in questi giorni a livello nazionale: sulle richieste per il nostro allenatore, sul valore dei nostri giovani sul mercato… Sono tutti elementi di disturbo che non devono distogliere l’attenzione su quello che abbiamo ottenuto e cercheremo di ottenere».
Sta dicendo che c’è bisogno di maggior tranquillità?
«Sto dicendo che c’è bisogno di protezione, di unione intorno alla squadra».
Chi dovrebbe provvedere?
«Oltre alla società, che non fa mai mancare nulla ai ragazzi, cito il pubblico. Soprattutto in trasferta i tifosi possono essere determinanti, come del resto hanno già dimostrato più volte finora. E poi tutte le figure che lavorano in società: dal magazziniere al giardiniere alla segreteria, fino a me stesso. Tutti quanti dobbiamo essere consapevoli che, se finora abbiamo dato il 100%, da qui alla fine dovremo dare il 110%».
È una raccomandazione anche per i giocatori?
«Certamente. Soprattutto nel trittico ravvicinato di partite che ci aspetta (Pro Vercelli, Virtus Verona e Pergolettese) il gruppo dovrà essere l’arma in più del Mantova. Vale per chi gioca e per chi giocherà meno. Ogni palla, anche quella che sembra perduta, può essere risolutiva. Dunque: vivete queste partite come quelle che possono dare una svolta definitiva alla stagione».
Perchè sente la necessità di lanciare questo messaggio?
«Perchè mi piacerebbe che ciascun giocatore si specchiasse e dicesse: “Io sono forte”. Non bisogna mollare un millimetro, mai. È questo che farà la differenza».
Altri destinatari dell’appello di unità?
«Per esempio la politica. Lungi da me entrare nel merito del dibattito. Dico solo che anche il Comune deve essere conscio che ci sono pochi presidenti come il nostro, disposti ad investire in una società di calcio a lungo termine. Quindi mi auguro che anche l’interesse dell’amministrazione non sia legata esclusivamente ai risultati che stiamo ottenendo, bensì ad una visione più ampia e proiettata al futuro. Piccoli sta dando basi solide al Mantova, indipendentemente dal fatto che si vada in B o meno».
Possanzini ha giurato fedeltà al Mantova. Vale anche per Botturi?
«Ripeto: le priorità al momento sono altre. Ci sarà tempo e modo di parlare di futuro».
La risposta è evasiva…
«Assolutamente no. Il mio è un contratto pluriennale e quindi sarò legato al Mantova anche nelle prossime stagioni. È tutto scritto. Dico solo che in questo momento siamo tutti concentrati sulla fase finale di questo campionato. Per il resto, nessuna ambiguità: il mio futuro e quello di Possanzini sono legati al Mantova»
Chiudiamo con gli arbitri: preoccupato da qualche svista sul conto del Mantova?
«Mi limito ad auspicare due cose. La prima è l’uniformità di giudizio, perchè vedo che lo stesso episodio viene talvolta valutato diversamente da partita a partita. La seconda è l’introduzione di una strumentazione adeguata: la Serie C è un campionato professionistico e merita l’utilizzo del Var. Detto ciò, non voglio parlare di arbitri. Pensiamo a noi e a mantenere il nostro marchio di fabbrica».
Ovvero?
«L’identità tecnico-tattica-mentale che ci ha accompagnati fin qui. Con un’avvertenza: non sarà sufficiente. Da qui alla fine bisognerà dare tutti qualcosa in più».