E vai… autonomia differenziata!

Ora la legge c’è, ma non è domani che può essere applicata, almeno per le materie la cui spesa è coperta dallo Stato, perché ancora mancano i Leb, i livelli essenziali di prestazione, che il governo ha un lasso di tempo di 24 mesi per la loro definizione e approvazione. I lombardi e i veneti gridano vittoria. Premiata la tenacia referendaria di questi cittadini nel perseguire il dettame costituzionale regionale sbloccato con l’approvazione dell’Articolo V°. Plauso alla Lega, con in prima fila il ministro degli Affari regionali Roberto Calderoli, per aver raggiunto l’obiettivo. Mercoledì della scorsa settimana la firma del presidente Sergio Mattarella, ha fatto transitare la Legge sull’autonomia differenziata nella pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale. Il via libera del Quirinale sollecita, pertanto, l’attenzione del Parlamento sulle singole intese che dovranno dare effettiva attuazione alle diverse autonomie regionali. La reazione delle opposizioni alla legge è stata fremente, prima con la richiesta al Presidente della Repubblica di non promulgarla, poi agitando la piazza, ora stanno tentando la carta dell’abrogazione. Un ampio fronte composto per ora da Pd, M5s, e Avs, da Cgl e Uil e da associazioni significative come Anpi, Arci e Acli, pronti a promuovere il referendum abrogativo. Il tutto allo slogan con questa legge si divide l’Italia. Non è così, in campo un diverso rapporto fra Stato centrale e Regioni per attuare una nuova organizzazione alla periferia, che farà assumere agli amministratori regionali la responsabilità piena del loro operato nei confronti dei cittadini amministrati, data l’immediata verifica per la vicinanza dell’Ente fra le cose proposte e la loro realizzazione, come si suol dire “fra il dire e il fare”. Per cui le eventuali inadempienze degli amministratori saranno pagate con una riduzione del consenso nei loro confronti. Particolarmente delicata al centro della polemica fra maggioranza e opposizione è la tenuta complessiva del servizio sanitario nazionale. Ma l’autonomia dovrebbe risolvere, in primo luogo, gli attuali disagi delle liste d’attesa, lunghe in Lombardia come in Puglia, quindi, il primo problema da affrontare. Le lungaggini allontanano le cure e per avvicinarle i cittadini devono mettere mano al borsellino, si crea pertanto una grande disparità fra chi ha i soldi per curarsi e chi non li ha. In quanto all’affermazione dell’opposizione che l’autonomia differenziata dividerà l’Italia creando un solco fra Nord e Sud, è pretestuosa, perché la parità fra i cittadini sarà attuata con I livelli minimi di prestazione che andranno mantenuti uguali per tutti su tutto il territorio nazionale. Permarrà la sussidiarietà fra le Regioni più ricche nei confronti di

quelle più povere. Per le prime invece dovrà essere rivisto il residuo fiscale, vale a dire la differenza fra le tasse pagate dalle Regioni in un anno allo Stato (Lombardia ultimo dato noto 54 miliardi di euro) e quanto lo Stato restituisce alle Regioni. E’ d’uopo per la verità storica un confronto dei residui fiscali pagati dalle tre Regioni omologhe in Europa, ai 54 miliardi della Lombardia si contrappongono gli 8 miliardi della Catalogna (Spagna) e gli 1,5 miliardi della Baviera (Germania). Valutazione che non vuole commento. Mi sia permessa la chiusura con il commento sull’autonomia pronunciato dall’autorevole governatore della Lombardia, riconosciuta da tutti la più avanzata. Attilio Fontana, dopo la firma della Legge da parte del Presidente della Repubblica, così si è espresso: “Onore a Segio Mattarella – e ha aggiunto – questa è la dimostrazione che sulla autonomia da parte dell’opposizione si stanno dicendo cose non vere”.

GASTONE SAVIO