Insulti a sfondo razziale, la versione (e le scuse) del San Biagio

Uno striscione No al razzismo sarà appeso al campo e in paese

Con il presente comunicato, l’A.S.D. San Biagio Calcio desidera prendere posizione relativamente a quanto accaduto lo scorso venerdì 25/01/2019 durante lo svolgimento, presso il campo sportivo di San Biagio (MN), della partita di calcio a 11 valevole per il campionato provinciale amatoriale Uisp tra la sottoscritta squadra locale ed il Nojoume El Atlas (d’ora in avanti, per comodità, “squadra ospite”), al fine di tutelare la propria immagine, quella della piccola frazione di San Biagio e dei suoi abitanti, alla luce dell’esorbitante (ed ingiustificato) clamore mediatico che la vicenda ha assunto nei giorni immediatamente successivi.
Questi i fatti: a circa metà della prima frazione di giuoco, dopo che il Direttore di gara si era diretto ad ammonire un giocatore della squadra ospite per un brutto e duro intervento su un avversario, l’allenatore della squadra ospite – entrando sul terreno di giuoco – richiamava energicamente a sé i propri giocatori uno ad uno ordinando loro di ritirarsi, tra la perplessità e lo sgomento degli stessi suoi atleti che, non conoscendo la ragione, insistevano palesemente per riprendere il giuoco. Il Direttore di gara, anch’egli all’oscuro di quanto stesse accadendo, si dirigeva nell’immediato a chiedergli spiegazioni, ma questi si dirigeva negli spogliatoi trascinando letteralmente i suoi giocatori, ancora increduli tanto quanto il pubblico presente, infreddolito ed impaziente di capire quale fattore avesse scatenato tale dinamica.
Solo dopo che entrambe le squadre avevano raggiunto gli spogliatoi, e dopo non poca insistenza, l’allenatore della squadra ospite racconta al Direttore ed ai dirigenti locali di un battibecco personale che egli aveva avuto con uno spettatore, terminato – a suo dire – con l’indegna ed irripetibile frase “vi brucerei tutti”. Immediatamente i dirigenti locali si sono diretti fuori tra il pubblico (che era ancora in attesa di capire cosa stesse accadendo) a cercare la persona che corrispondesse alla descrizione dell’allenatore, ma questa si era già allontanata.
Nonostante le pronte scuse da parte degli stessi dirigenti all’allenatore offeso, e nonostante lo spettatore protagonista del vile gesto fosse sparito, lo stesso allenatore ha insistito fermamente di voler a tutti i costi ritirare la squadra dalla partita, andando persino contro il volere dei suoi stessi giuocatori i quali, non avendo ricevuto né percepito alcun tipo di offesa, volevano continuare a giocare.
Preso atto della decisione, il Direttore di gara non ha potuto far altro che decretare la fine del match per volere dell’allenatore ospite, dal momento che nessuno era riuscito ad assistere all’accaduto né ad udire l’offesa ricevuta da costui.
Sulla scorta di quanto affermato dall’allenatore ospite, tutto l’organico dell’A.S.D. San Biagio Calcio condanna fermamente e senza riserva alcuna l’increscioso episodio, prendendo le distanze da quanto detto dallo spettatore de quo e da qualsiasi forma di discriminazione territoriale, razziale o religiosa. Quanto accaduto all’allenatore ospite rappresenta un atto vile, indegno ed offensivo, senza se e senza ma. La stessa dirigenza non ha mancato di esprimere il proprio rammarico e di porgere le più sincere scuse all’offeso nell’immediatezza dell’accaduto.
Ciò premesso, il clamore mediatico suscitato da tale vicenda è stato a dir poco esorbitante: prime pagine di quotidiani locali, articolo sulla Gazzetta dello Sport e servizio al tg serale della nota emittente Telemantova.Tutti allineati e fermi (giustamente) nel condannare l’episodio e a mostrare vicinanza e solidarietà alla squadra ospite, con il nome della nostra squadra di calcio e dell’intera frazione di San Biagio che cappeggiava vicino alla scritta “razzismo”.
Nessuno degli addetti ai lavori, probabilmente, si è ricordato del detto “fare di tutta un’erba un fascio”; così come a nessuno, probabilmente, è venuto in mente che il comportamento di un singolo imbecille non può macchiare il nome di un paese, di una squadra di calcio, di un gruppo di persone che – a tempo perso – dedica anima e corpo ad un progetto sportivo amatoriale.
Giova precisare che nessuno ha direttamente accusato i sottoscritti di razzismo, così come nessuno ha affermato che il paese di San Biagio è un paese razzista. Ma sarebbe al contempo ingenuo da parte nostra non pensare, con la cultura del sospetto che padroneggia al giorno d’oggi, che il seme della malizia si sia già ben radicato in chi, leggendo i giornali e guardando il tg, abbia più volte visto avuto modo di osservare il nome della nostra squadra e del nostro paese affiancati al termine “razzismo”.
Tutto questo, per un sanbiagino, costituisce un’offesa senza precedenti, trattandosi di una realtà che, negli anni, è stata tra le prime ad accogliere migranti, profughi e tutti coloro che scappavano da guerre e carestie, integrandoli nella stessa squadra locale nonché nelle associazioni del territorio. In tutto il Comune di Bagnolo San Vito sono operanti infatti decine di Onlus che permettono ad extracomunitari e rifugiati politici di interagire ed integrarsi con i residenti, in un clima di assoluto rispetto e scambio culturale reciproco che ha sempre contraddistinto il nostro modo di essere come persone, prima, e come cittadini, poi.
Pertanto come squadra, come società e come sanbiagini, ci dissociamo in tutto e per tutto da quanto posto in essere da quello spettatore, riservandoci sin da ora di agire nelle sedi più opportune per la tutela della nostra immagine, dignità e decoro.
Ma al contempo, ed alla luce di tutto ciò, non possiamo esimerci dal prendere formalmente le distanze anche dal comportamento dell’allenatore ospite.
Premesso, anche in tal sede, che non si vuole muovere accuse o sottintendere una vile strumentalizzazione dell’accaduto – perché se esiste qualcosa di più pericoloso del razzismo in sé è proprio la sua strumentalizzazione, posto che quest’ultima oltre all’idiozia già contenuta nel razzismo implica anche un’accurata malafede –, è però altrettanto indubbio che la sua reazione abbia contribuito non poco ad innescare ed esacerbare questo clima di escandescenza mediatica.
Ci chiediamo, ad esempio, per quale motivo costui, all’atto di ricezione dell’offesa, non si sia diretto come da regolamento verso l’arbitro a denunciare l’accaduto, dandogli così la possibilità di sospendere momentaneamente la partita per permettere ai dirigenti locali di identificare il soggetto ed allontanarlo. Perché correre in campo per costringere i suoi giuocatori, ignari dell’accaduto, ad entrare nello spogliatoio? Perché non riferire direttamente all’Arbitro? Perché denunciare l’accaduto solo una volta dentro lo spogliatoio? Perché, di fronte all’insistenza dei giuocatori di entrambe le fazioni di voler continuare la partita, considerato anche che lo spettatore incriminato si era già allontanato, non riprendere il giuoco?
Se è vero, come riportato dalla Gazzetta dello Sport, che si è trattato di “offese reiterate”, per quale motivo il pubblico presente (di certo minore che a San Siro…) non si è accorto di nulla, ed è venuto a conoscenza dell’accaduto solo una volta che gli è stato comunicato dai sottoscritti?
Insomma, qualcosa stona. Se da un lato comprendiamo certamente la frustrazione e la rabbia che questi deve aver provato dopo l’offesa perpetratagli, dall’altro siamo tutti altrettanto consapevoli che esiste un regolamento da rispettare. Dura lex sed lex, come la vicenda Koulibaly nell’ultimo Inter-Napoli insegna.
Così come siamo ben consci di un altro aspetto, molto più sottile ma comunque assai emblematico: al giorno d’oggi, gridare al razzismo è peggio che gridare “al lupo al lupo”. Viviamo purtroppo in un clima socio-politico costantemente teso, alimentato spesso e volentieri da paure (perlopiù ingiustificate) che, a loro volta, generano odio. E l’odio è una malattia autoimmune, che alimenta sé stessa, si nutre di quelle stesse paure che la generano e va in metastasi anche grazie all’eco e alla risonanza data loro dai media.
In questo contesto, ci vuole veramente poco per accendere la miccia ed innescare l’esplosivo mediatico il quale, spesso e volentieri, ha la veste di una vera e propria sentenza passata in giudicato.
Ma il vantaggio è che siamo tutti in possesso di armi letali pronte all’uso per combattere questi virus; armi che prendono il nome di intelligenza e buon senso.
Ecco, così come siamo fermi nel condannare l’episodio, allo stesso modo siamo altrettanto certi che tale situazione, se fosse stata affrontata con lucidità, intelligenza e buon senso, non avrebbe suscitato tutto questo clamore, risparmiando alla squadra ed alla comunità di S.Biagio di balzare agli orrori della cronaca nazionale come luogo in cui si è consumato un singolare ed isolato episodio offensivo da parte di un imbecille qualsiasi.
Da parte nostra, speriamo vivamente che episodi del genere non si verifichino mai più. In caso contrario, auspichiamo sin da ora nell’attiva collaborazione di TUTTI gli attori protagonisti, perché solo uniti si vince. Nello sport così come nella vita.
Anche per questo, venerdì 1 febbraio p.v., sul medesimo campo sportivo che ospiterà la prossima gara casalinga del S.Biagio Calcio nonché ai bordi della strada provinciale che attraversa il paese, sarà affisso un manifesto ben visibile con la scritta “NO AL RAZZISMO”, per dichiarare apertamente la nostra posizione e di tutti i cittadini sul tema in oggetto. Nel caso vi fosse ancora qualche dubbio.
A.S.D. San Biagio Calcio