La Tea alla prova con le gare: timori di perdere le concessioni

MANTOVA Partecipate a rapporto. Le commissioni consiliari stanno vedendo sfilare i vertici delle società che avranno parte attiva (o passiva?) nel bilancio previsionale del Comune. Fra le altre, quella che più di tutte concorre alla definizione dei piani economici-finanziari di via Roma: la Tea. Ieri in aula consiliare il direttore generale di e amministratore delegato di Tea (comprese le affiliate Energia e Depura) Piero Falsina. Il quale ha ammesso, incalzato dai consiglieri di minoranza, fra cui Stefano Rossi (Mantova ideale) alcuni smacchi subiti nel territorio.
La “fronda” dei dieci comuni alla gara per la concessione dei servizi ecologici ha segnato un precedente. Se tanto avverrà fra due anni anche con gli altri Comuni mantovani? Per Falsina non si è trattato di uno smacco: Tea ha perso con uno scarto dello 0,60% sulla concorrente Aprica, che corrisponde a 75 centesimi per abitante; dati che secondo Mantova Ambiente corrispondono a un margine risicato.
Peraltro, Mantova Ambiente si attenda un sostegno della Provincia per il proprio piano industriale. Ma questo sostegno ci sarà? Non è certo il leader dell’opposizione Stefano Rossi. «Il sindaco Palazzi ha dichiarato recentemente che anziché mettere a gara il servizio, ha rinnovato di 10 anni la concessione a Mantova Ambiente dichiarando che la concorrenza “non è un mostro”. I risultati dicono esattamente l’opposto: dieci comuni mantovano hanno scelto la strada bresciana di Aprica, il che significa che siamo in un ambito di competitività cui la nostra multiutility non sa fare fronte. Sottolineo che il Comune di Mantova è azionista per oltre il 70% di questa azienda. Un crollo che dovesse toccare alle partecipazioni su Tea verrebbe a mettere in crisi tutto il sistema comunale del capoluogo e la sua “piccola Iri”. Mi sarei aspettato in commissione un piano industriale molto più aggressivo, altrimenti il mercato rischia di tagliarci fuori, salvo che questo sia frutto di una strategia mirata a un impoverimento sempre più possibile, che comporterebbe una “opa” a questo punto inevitabile», conclude Rossi.