Scarcerazione in vista per don Walter Mariani

A marzo l’ex parroco di San Leonardo sarà di nuovo rimesso in libertà

MANTOVA A quasi cinque anni esatti dal suo ingresso in carcere per don Walter Mariani, il 78enne ex parroco di San Leonardo finito dietro le sbarre per violenza sessuale, si avvicina il momento del ritorno in libertà. Questo grazie ad uno sconto di pena per buona condotta avallato dal Tribunale di Sorveglianza. In sostanza al religioso verranno condonati i residui 14 mesi di reclusione a fronte di una pena definitiva pari a sei anni e due mesi. Pena espiata in anticipo dunque per il religioso mantovano a cui, come previsto dall’ordinamento penitenziario, sono stati detratti 3 mesi per ogni anno di detenzione effettivamente scontato. Stando alle indiscrezioni la sua scarcerazione dalla casa circondariale di Bollate dovrebbe avvenire, salvo eventuali ritardi burocratici, già all’inizio del mese prossimo. La reclusione per don Walter era iniziata il 4 marzo 2014 col regime d’isolamento nel penitenziario di Bergamo; quaranta giorni dopo era stato trasferito nella struttura carceraria milanese, dov’è rimasto per l’intero iter detentivo, condividendo la cella con altri sacerdoti, nel contesto di un reparto creato appositamente per ospitare religiosi condannati per reati di varia natura. Lo scorso anno il tribunale di Sorveglianza aveva espresso parere favorevole per il suo affidamento ai servizi sociali; ogni settimana poi a casa della sorella a Melzo, località alle porte di Milano, sono numerosi gli ex parrocchiani rimasti a lui legati che gli portano visita. L’accusa per don Walter Mariani era quella di aver violentato tre ex prostitute ospiti della comunità “Casa di Ruth”. Il sacerdote era stato poi assolto da uno dei tre casi contestati, ma in primo grado a Mantova era stato condannato a cinque anni di reclusione, poi divenuti sette e mezzo in Appello. La Cassazione aveva quindi annullato la precedente sentenza rinviando il processo a Brescia, dove una nuova sentenza lo aveva condannato a sei anni e due mesi. Condanna, questa, confermata poi in via definitiva dai giudici della Corte Suprema.