Dopo 24 mesi di combattimenti (24 febbraio 2022 – 24 febbraio 2024) iniziati con l’occupazione del suolo della democratica Ucraina da parte delle armate russe, larga parte dell’opinione pubblica ritiene sia il tempo della pace. Hanno perso la vita un altissimo numero di soldati in entrambi gli schieramenti. Molti i civili morti nelle martoriate terre invase. Si sono susseguite offensive e controffensive, ci si trova in una posizione di stallo che fa pensare: nessuno potrà mai vincere la guerra in Ucraina. Con gli ucraini delusi per le armi americane che non arrivano più come prima, disguido che causa un deficit di difesa. Pertanto, la scarsità degli armamenti illude Putin che sta aumentando la sua aggressività. Sono i dispacci di Kiev ad indicare i punti “caldi” su cui premono le truppe del Cremlino: a Kherson per superare il fiume Dnepr; nel villaggio di Robotyne vicino a Zaporizhzhia; a Bakhumut, città persa a primavera nella regione di Donetsh, fra Lyman e Kupiansk, lungo i settanta chilometri che collegano il Donbass alla regione di Kharkiv e che Putin ha dato ordine di conquistare. “La nuova controffensiva ucraina scatterà nel 2025”, annuncia l’intelligence di Kiev. E aggiunge che il 2024 sarà l’anno della difesa a oltranza. Per l’opinione pubblica, stanca di sopportare le conseguenze economiche della guerra, la previsione del suo prolungarsi è scioccante. Ciò che preoccupa gli europei è non solo il problema di munizioni che mancano, come ripetono i vertici militari invocando il sostegno occidentale, ma il paventato rischio del venir meno degli uomini da mandare al fronte. L’Italia, però, non molla Kiev, nessun disimpegno confermato con la firma dell’accordo bilaterale di “sicurezza” con l’Ucraina. Il ministro degli esteri Antonio Tajani lo ha annunciato la scorsa settimana in Commissione Esteri congiunte del Parlamento. “Il contesto critico richiede una accelerazione” spiega Tajani ricordando la “drammatica scomparsa del dissidente Andrei Navalny”. L’Italia sente la responsabilità di marcare il fermo sostegno a Kiev e mai come ora è importante assicurare mezzi per contenere la controffensiva russa. L’accordo di cooperazione e sicurezza arriva dopo quelli analoghi firmati da Gran Bretagna, Francia e Germania. Azioni di singoli Stati che denunciano l’attuale debolezza dell’Europa, che frammentata può avere nell’affrontare possibili negoziati di pace. Ora l’Occidente faccia tutto quello che è in suo potere per dare vigore all’apparato militare ucraino per la necessaria difesa. E Zelensky si dia conto di una stanchezza generalizzata dell’opinione pubblica generata
da un conflitto che dopo due anni di combattimenti si trova in una posizione di stallo, con l’eventualità che nessuna delle due parti vinca, per cui a vincere può essere solo la pace. E la pece giusta come deve essere, sottoscritta dopo aver preso in seria considerazione un compromesso che non abbia per Kiev il sapore della sconfitta, non solo, ma confermi l’indipendenza dell’Ucraina. Il popolo europeo che ama la pace, ha un modo per affermarlo, in giugno alle elezioni europee faccia uscire dalle urne un’Europa che sia dia come obiettivo primario il superamento del Trattato economico della Ceca, tuttora presente nelle idee burocratiche di Bruxelles, per passare all’Europa politica propria della Ced, la comunità europea di difesa, la sola in grado di fronteggiare il pericolo sovietico. Acquisterebbe, pertanto, la capacità di sedersi ai tavoli della diplomazia con la forza della politica che unisce i 27 Stati che compongono la Comunità.
GASTONE SAVIO