MANTOVA Nuova commedia, anzi due rappresentazioni in una, per l’Accademia teatrale Campogalliani, con “Non è un abbaglio ma uno sbaglo!”. A partire dall’8 novembre. Dopo il successo dell’intrattenimento in versione dialettale, con “Na quaterna al lot”, un nuovo spettacolo arriva sul palco del Teatrino d’Arco. In scena “Il guanto” di Maurice Hennequin, con la regia di Marco Federici e “Il povero Piero”, liberamente tratto dal testo di Achille Campanile, con la regia di Italo Scaietta.
“Il guanto” è un atto unico rappresentato per la prima volta al Parigi al Teatro del Palais Royal nel 1905. Una moglie gelosa tormenta in tutti i modi il marito dopo il rinvenimento di un guanto appartenente a qualcun altro. Il marito avrà ben presto modo di vendicarsi, fra la complicità e il divertimento del pubblico. L’inanellarsi di situazioni surreali, di incomprensioni, di sincere bugie e svenimenti porta lo spettatore a sorridere delle disavventure del povero Boisjoli, la cui giornata è guastata dal futuro duello con Cotanson e quel maledetto guanto trovato nella sua giacca.
La regia vuole appunto mettere in mostra questi rapporti che, all’apparenza molto solidi, reggono su piedistalli alle volte fragili e facili all’incrinamento.
Nella seconda pièce, una famiglia viene sconvolta dalla scomparsa del “Povero Piero” e dal conseguente ritrovamento delle sue ultime volontà. Il defunto, nel testamento, dà ordine che si dia notizia della sua morte solamente una volta avvenute le esequie. Teresa (la vedova), la sua amica e le persone che vivevano in casa con Piero dovranno lottare contro parecchi imprevisti per tener celata la cosa. Ma é possibile ridere della tristezza altrui? Forse, quando le situazioni diventano così paradossali.Quando viene raccontato dalla penna graffiante e ironica di uno scrittore come Achille Campanile, anche un lutto si può trasformare in una commedia di esilarante comicità. Una delle più divertenti e geniali commedie del Novecento italiano, espressione a tutto tondo del teatro dell’assurdo che fa di Campanile, con Ionesco, il caposcuola del genere. Più della semplice ma geniale trama, contano gli episodi collaterali, i raccontini, le digressioni: una travolgente sequela di vicende surreali che, in un crescendo di equivoci e sorprese, vede alternarsi il riso e il pianto dei protagonisti fino al colpo di scena finale. Scritto come romanzo nel 1959 e successivamente tradotto in forma scenica dallo stesso autore – che però non ha mai dato una forma definitiva alla commedia, lasciando anche innumerevoli varianti – “Il povero Piero” è un graffiante ritratto della società moderna, un’acuta osservazione dei vizi e delle piccole ipocrisie quotidiane in un carosello di personaggi ridicoli e spassosi, patetici e nevrotici, colti in un momento di alta ritualità.
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