Orfeo ed Euridice, Norma, Manon Lescaut compongono la Stagione d’Opera 2026 del Teatro Regio di Parma, da gennaio a marzo, arricchita a maggio da Regio197, il concerto in occasione del 197° anniversario dell’inaugurazione del Teatro. La Stagione d’Opera si apre con Orfeo ed Euridice, opera di rara esecuzione di Christoph Willibald Gluck, azione teatrale per musica in tre atti composta intorno al mito di Orfeo, su libretto di Ranieri de’ Calzabigi, che torna al Teatro Regio di Parma per la seconda volta dopo 39 anni e debutta venerdì 23 gennaio alle ore 20.00 (recite domenica 25 ore 15.30, giovedì 29 e sabato 31 gennaio, ore 20.00). Per la prima volta al Teatro Regio di Parma la celebre artista iraniana-americana Shirin Neshat firma la regia di questo nuovo allestimento con le scene di Heike Vollmer, i costumi di Katharina Schlipf, le luci di Valerio Tiberi, le coreografie di Claudia Greco, la drammaturgia di Yvonne Gebauer. Fabio Biondi, al suo debutto al Teatro Regio, dirige l’opera, che è eseguita nella versione viennese del 1762, sul podio della Filarmonica Arturo Toscanini e del Coro del Teatro Regio di Parma preparato da Martino Faggiani. Protagonisti Carlo Vistoli (Orfeo), Francesca Pia Vitale (Euridice), Nadja Mchantaf (Amore). “Raccogliendo le diffuse insoddisfazioni degli ambienti intellettuali europei di metà Settecento sulla deriva dello spettacolo operistico serio – scrive Giuseppe Martini, ormai schiacciato e reso drammaturgicamente inverosimile dalla prevalenza edonistica dell’atletismo vocale dei virtuosi, il compositore boemo, ma di formazione italiana, Christoph Willibald Gluck mise a punto un progetto di riforma in grado di restituire espressione drammatica all’opera seria. A questo scopo si appoggiò a un libretto sul soggetto di Orfeo ed Euridice già preparato da Ranieri de’ Calzabigi e mise a punto un’unità d’azione che non tollerasse spazi lirici fini a sé stessi: eliminazione di personaggi secondari, semplificazione dell’intreccio, sfrondamento del da capo nelle arie, recitativi ridotti al minimo e intersecati fra le arie, spazio ai cori. Calzabigi mutò il finale del mito: Euridice viene restituita a Orfeo per intervento di Amore, che qui diviene personaggio fondamentale. Allestita al Burgtheater di Vienna il 5 ottobre 1762 con l’appoggio dell’ispettore generale degli spettacoli di corte Giacomo Durazzo, Orfeo ed Euridice passò in sordina. Il suo successo partì solo dopo che la ripresa che il 24 agosto 1769 a Parma ne fece lo stesso Gluck, incaricato di curare l’allestimento degli spettacoli teatrali in occasione delle nozze del duca Ferdinando di Borbone, accorciandolo da tre a un solo atto e affidando il ruolo del protagonista a un sopranista anziché a un contraltista. Da allora l’opera cominciò a girare l’Europa con grande successo, e lo stesso Gluck ne fece una nuova versione in francese a Parigi nel 1773”. Norma di Vincenzo Bellini, tragedia lirica in due atti su libretto di Felice Romani, da Norma, ou L’infanticide di Louis-Alexandre Soumet, torna in scena domenica 15 febbraio alle ore 20.00 (recite martedì 17 e venerdì 20 alle ore 20.00 e domenica 22 febbraio ore 15.30) nell’allestimento di Teatro Regio di Parma, Teatri di Piacenza, Teatro Comunale di Modena, con la regia di Nicola Berloffa, le scene di Andrea Belli, i costumi di Valeria Donata Bettella, le luci di Marco Giusti. Renato Palumbo dirige l’opera sul podio dell’Orchestra Filarmonica Italiana e del Coro del Teatro Regio di Parma, preparato da Martino Faggiani. Interpreti principali Dmitry Korchak (Pollione), Carlo Lepore (Oroveso), Vasilisa Berzhanskaya (Norma), Giuliana Gianfaldoni (Adalgisa).
“Per la sua quarta opera al Teatro alla Scala nel 1831, Vincenzo Bellini scelse insieme al suo librettista Felice Romani un soggetto tragico classicheggiante, che riprendeva il modello del sacrificio della protagonista, come nella Medea di Cherubini, in questo caso una sacerdotessa gallica abbandonata per una donna più giovane dal proconsole romano che l’aveva sedotta e resa madre. Alla prima reazione di Norma, quella di uccidere i figli avuti con l’uomo che l’ha tradita, subentra il pentimento, che la spinge a sacrificare sé stessa sul rogo per espiare la propria colpa di empietà. L’ambientazione notturna nella foresta dei druidi rafforza il carattere autoritario e caricato di una passionalità primigenia intrisa di forte fragilità interiore della protagonista, ormai pienamente rispondente al sentire romantico di quegli anni. Partendo dalla base tradizionale belcantista, Bellini costruisce un impianto musicale sottilmente innovativo pur mantenendo la tradizionale forma a pezzi chiusi, sia sfruttando melodie che trasformano la riflessione in azione e che si dispiegano in forme ritmicamente irregolari, come nel celebre “Casta diva”; sia sostituendo i concertati di fine d’atto con catalizzanti scene, un terzetto nel finale primo e un’aria della protagonista nel secondo, che spostano il peso drammatico dalla vicenda ai personaggi, tracciando una strada che sarebbe stata proseguita dal grande teatro verdiano”.