Barbassolo e il mistero secolare della testa “incastonata” nel campanile

Da sx Calciolari, Archi, Fucilone e Gallo

BARBASSOLO (Roncoferraro) – Quella testa incastonata fra le mura del campanile della “pieve dei due pozzi” di Barbassolo, gioiello architettonico che appare in tutto il suo splendore dopo aver percorso il breve viale alberato, da sempre è avvolta nel mistero. Ne sono consci i residenti, nondimeno i visitatori che giungono nella borgata alle porte di Roncoferraro rimanendo puntualmente colpiti dalla bellezza del Santuario dedicato ai santi Cosma e Damiano, caratterizzato dai massicci muri tempestati da nudi mattoni capaci di regalare un suggestivo senso di irregolarità, anche per vie di quell’allineamento est-ovest che lo rende ancor più particolare. A destare ulteriore curiosità è l’antica scultura marmorea che guarda verso il sorgere del sole. Si trova a tre quarti d’altezza del campanile e sembra osservare dall’alto l’abitato e la vita della sua gente. “Da Roncoferraro a Pontremoli: una possibile via delle statue-stele?”. La domanda postasi dallo scrittore e blogger Antonio Gabriele Fucilone ha conferito il titolo all’interessante volume che sabato sera lo stesso autore ha presentato nella sala conferenze dell’oratorio di Barbassolo. Al centro dell’opera di Fucilone c’è proprio la misteriosa statua-stele collocata sul muro orientale della torre campanaria. Un unicum nel territorio mantovano, sulla cui origine e provenienza Fucilone ha cercato di formulare tutte le ipotesi del caso attraverso una lunga ricerca che nel 2019 lo portò a interfacciarsi con il sindaco di Pontremoli (Ms) Lucia Baracchini e con l’allora direttore del museo delle statue-stele Angelo Ghiretti, il quale effettuò personalmente un sopralluogo a Barbassolo. Nel corso della spiegazione, l’autore ha voluto fare un altro passo indietro: «Durante un evento del Cenacolo Dialettale dei Poeti Mantovani “Al Fogolèr”, al quale partecipai come poeta ospite, seppi di una ricerca fatta dal professor Giancarlo Gozzi che verteva sui Liguri, una popolazione pre-romana che occupava la zona compresa tra la Penisola Iberica e la Toscana. Stavano dunque anche in Lunigiana e praticavano la transumanza nelle terre della Val Padana, comprese quelle del mantovano. Fu lì che capii che poteva esserci un collegamento con la statua-stele di Barbassolo». Fucilone racconta che Ghiretti rimase positivamente stupito dalla stele stilizzata di Barbassolo, di fatto appartenente al “gruppo B” (quelle con la testa a cappello simil-gendarme dai tratti antropomorfi marcati, ndr) notando però alcune differenze rispetto a quelle della Lunigiana. «Infatti – segnala l’autore – la piccola testa di Barbassolo ha la bocca ed è fatta di marmo mentre quelle della Lunigiana oltre a non averla sono composte in pietra arenaria. In ogni caso Ghiretti confermò che il reperto non apparteneva al nostro territorio». La conferenza si è avvalsa della presenza di Roberto Archi, assessore alla Cultura di Roncoferraro, di Nicola Gallo, attuale direttore del museo di Pontremoli, e della prof.ssa e storica Livia Calciolari, la quale ha ripercorso la storia della pieve barbassolese, partendo dall’antichità fino al primo grande progetto di restauro curato dall’allora parroco don Pietro Pelati, dal quale riaffiorarono i muri originari e i caratteristici inserti archeologici di età romana. Frattanto la scultura misteriosa è sempre sospesa lassù ad osservare il sorgere del sole, rimandando a significati simbolici che continuano ad affascinare i visitatori.

MATTEO VINCENZI