Il rapporto tra verità e moralità nella vita di un pentito di mafia

MANTOVA Presentato alla Casa del Mantegna il libro “Passando all’altra riva” di don Benito Giorgetta, giornalista e parroco a San Timoteo di Termoli. L’incontro vuole raccontare delle vicende di un collaboratore di giustizia facente parte del gruppo mafioso Ndrangheta e del suo rapporto con la verità, la denuncia e l’illegalità. “Il tema dei denuncianti mi sta molto a cuore. Attraverso le loro testimonianze si possono evidenziare e ricostruire tantissimi reati”- commenta Luigi Gaetti del coordinamento provinciale della legalità- “penso che non ci sia abbastanza sensibilizzazione da parte dei cittadini, i quali li vedono sempre e solo come persone con “le mani sporche”. Il testo, che viene formulato attraverso un dialogo di specifiche domande che il testimone e Don Benito Giorgetta hanno lungo i loro incontri, vuole esaltare tre fenomeni di conversione: morale, civile e spirituale. “Ho letto il libro con molta passione, trovo che vada a scavare nei meandri della personalità” interviene il professore Armando Savignano, ordinario di filosofia morale all’università di Trieste.- “Di solito chi arriva a questo tipo di conversione deve affrontare un travaglio molto lungo e complicato, anche se all’apparenza risulta istantaneo, viene covato durante gli anni di malavita”. La testimonianza del protagonista è indicativa infatti, mentre in altri casi si cercano i vari “escamotage” per ricevere il minimo possibile di pena, in questo caso sono stati rinvenuti dallo stesso degli omicidi che non erano neanche sotto indagine.

“Non si può essere carcerieri della propria verità” ha detto l’autore Don Benito Giorgetta -. Ho avuto molti colloqui e posso capire che mettendosi dall’altra parte non sia facile sciogliersi dai cinque punti della malavita, soprattutto se li acquisiti tramite eredità”. Il soggetto in questione è figlio di mafiosi, ma è stato il “calore” della moglie e del neonato figlio a fargli scegliere la strada della collaborazione.

Gabriele Conte